L’ultimo piano è una casa in un palazzo disabitato, di una città che non esiste, è soltanto il luogo che si trasforma seguendo le mie emozioni. Apro la porta spingendo con la mano, la osservo quella mano mentre apre, dapprima è una manina piccola, di bambina, poi le dita si allungano con le unghie dipinte di donna, altre volte la mano rugosa di chi é alla fine del suo tempo. Da sempre mi rifugio all’ultimo piano, dove le pareti esistono ma poi scompaiono, la luce è indefinita, c’è la finestra che mi attende per fare i conti con quello che vedrò fuori. Spesso è la notte con la luce dei lampioni, pochi alberi, il silenzio e nessuno, si traforma e diventa la vetrata di un grattacielo che domina la città con le sue luci infinite e poi ancora bosco, neve, mare, deserto, passaggio di persone distratte che non ho mai visto prima.
Ci sono le stanze all’ultimo piano e compaiono per ricordarmi il motivo per cui sono lì. La STANZA DEL MONDO, rifugio perfetto in partenza o al rientro di tutti i viaggi reali e di quelli immaginati. C’è il profumo speziato dell’India, la musica dei clacson di Dehli nelle ore di punta, i sorrisi dei bambini che mi prendono la mano e sento quella pace che mai in nessun luogo ritrovo. Le distese di neve nelle campagne in Polonia al pomeriggio e io che cammino in mezzo a tutto quel candore macchiato di rami, nulla intorno, solo quella profonda malinconia scandita dai miei passi e a tempo con i pensieri. Dopo averci trovato il mondo in quella stanza, mi riappare sempre Lei, Roma, in tutta la sua bellezza, con le luci dell’alba, quando la città è di pochi, quelli con gli occhi assonnati che sorseggiano il caffè, le luci di Roma in certi orari mi tolgono il fiato.
Scorrono le stanze con le porte socchiuse, non sono io a scegliere ma é la stanza dove devo entrare ad aprire la sua porta e quando non è LA STANZA DELLE EMOZIONI spesso è LA STANZA DELL’AMORE, dove entro timorosa perché non so mai dove mi porterà ma soprattutto come ne uscirò. Mi trasformo in quella stanza, le labbra rosse, i capelli tirati, il kimono nero e i miei piedi scalzi. Tutti gli uomini della mia vita sono entrati in quel luogo con me, quelli del passato, quelli del presente ma anche quelli che ho soltanto immaginato. Quella stanza cambia colore continuamente, dal blu notte al rosso sangue degli attimi pieni di passione e di felicità, al nero pece che cola dalle pareti in tutta la sua tristezza disperata. Occhi, labbra, mani, emozioni profonde, ferite rimarginate e tagli sanguinanti, promesse infrante, tenerezza, passione, occhi che guardano dentro altri occhi sapendo che sarà soltanto un istante ma che quell’attimo é pieno di tutto. In quel momento l’aria diventa densa e i colori indefiniti e tutto intorno è vortice fino a quando si muore un po’ per poi rinascere.
Scendo dall’ultimo piano e torno sotto, dove tutto è più definito ma qualche volta molto meno affascinante, poi penso a quale sarà la prossima misteriosa stanza.
Blu
@FraBluBlu