Lettera al sogno

Dedicato a tutti i sognatori.

Potevi essere il mio sogno della vita, quello realizzato.

Abbiamo camminato insieme, per un tratto. Poi, all’improvviso, ti ho lasciato la mano come fa un fanciullo che non vede l’ora di giocare lasciandosi continuare a guardare. Ma desiderando di poterlo fare libero.

Mi fai sempre compagnia, sai. Anche ora che credi ti abbia gettato e rinchiuso nel cassetto, insieme a tanti altri alla rinfusa. Sei qui, davanti a me. Mi tocchi ogni giorno e ti sento. Ogni minimo tuo sfiorarmi, ogni soffio che m’inonda la pelle, lo sento. Ma, allora? ti sarai chiesto, perplesso, cento volte e più. 

Voglio continuare a stare con te, ecco, solo osservandoti nel ricordo. Nella nostalgia dei passi fatti sulla banchina, contemplando insieme il volo di candidi gabbiani, arditi padroni di quel tuo mare azzurro e spumoso, luogo dove te ed io ci s’incontrava volentieri. Voglio continuare ancora a rimanere con te, nel continuare a dirmi di non essere stato pronto ad afferrarti.

Ecco. Ti ho lasciato così. Sospeso. Eri tanto esigente, sai.  A ragione. Ma evidentemente troppo, per questo sognatore fanciullo.

Per te sono stato un sogno e ancora di più. Ora non sono più nemmeno un sogno, probabilmente.

Simili, affini, della stessa materia. Due sogni, te ed io. Ma destinati ad essere come due rette parallele.

Ci è mancata l’origine comune, o un destino comune. Ci è piaciuto coccolarci, portarci con noi nella borsa, ci è piaciuto nutrirci con poesia e romanticismo, anche con viva passione.

Serviva altro, che ci svelassimo i nostri sogni. Quelli veri. Non che noi fossimo finti ma, sai.. la differenza tra un sogno vero e uno finto è racchiusa nella sua praticabilità, che talvolta dipende dagli altri sogni che si ha in mente. Quelli che possono rimanere nascosti a lungo ma che, al momento più propizio, sbucano all’improvviso e si fanno toccare, baciare.

Ma tu rimani il mio sogno. Impraticabile quanto vogliamo ma pur sempre il mio sogno. Quello che mi veste sempre bene. Che mi dà eleganza, gioia. 

Avremmo potuto abitarci, come colombi innamorati, volando e posandoci nella nostra alcova. Ma il nostro abito sarebbe dovuto essere diverso. Adatto a voli diversi.

Il nostro volo, però, deve essere questo. Quello di rimanere in alto, ben staccati, ma volteggiando lontani, non perdendo di vista ognuno il volo dell’altro. Nella penombra di un tramonto, lasciandoci anche un po’ abbagliare dal sole rosso che si eclissa all’orizzonte, sparendo ma riapparendo sempre, il giorno dopo.

Così, mi fai ancora sognare.

@_Belcor_

immagine dal web


http://https://youtu.be/6wqdmiNovKw

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