Se tornassi, nonna, avrei tante cose da farti rammendare: quel reggiseno nero, a cui si sono allentate le spalline, e quei due bottoni maledetti che si sono di nuovo staccati dalla tasca dei miei jeans stracciati.
Ci sarebbe anche la mia vita da rattoppare, magari con quel filo rosso, che al primo colpo infilavi nella cruna dell’ago e che giravi magistralmente dentro e fuori senza paura di sbagliare, con quel bel ditale d’oro che portavi con fierezza sul dito medio delle tue mani concentrate, che i tuoi occhi svelti non lasciavano mai sole.
Potresti riattaccarmi, per prima cosa, il naso, cosicché possa tornare a respirare quel buon profumo di primavera che annusavamo insieme sedute sul divano del tuo balcone, ma che il prolungarsi dell’inverno delle stagioni mi rende difficile sentire.
Se ci riesci, dovresti dare qualche punto anche alla bocca e allargarla in un sorriso che tarda, forse troppo, a ritornare.
Prova a rattoppare anche il mio cuore con quel filo rosso, togliendo le particole di dolore che sono rimaste incastrate e che iniziano a fare infezione, restringendo sempre più la sua possibilità di parare gli attimi feroci della mia esistenza.
Tenta, infine, di sostituire la stoffa nera che ha coperto i miei occhi con strascichi di colore che forse, meno sole, farebbero sembrare le mie giornate.
Se torni, nonna, la tua scatola con spilli, fili e aghi, d’un bianco antico con sopra disegnati fiori porpora sarà al solito posto, nell’antina destra della credenza in sala; io ti aspetto, seduta sul divano del balcone, con l’uovo rosso dei calzini in mano: e già so che riderò quando uscirai con gli occhiali, quelli grandi, del cucito.
Alessandra Corbetta