“Cosa succede”? chiese una voce alle sue spalle. Nico riconobbe la voce e si girò subito. Bea era lì, di fronte a lui, aveva metà brioche in mano e la stava mangiando. Nico guardava lei e poi la ragazza sulla sdraio. Insospettita da quell ’ atteggiamento strano fissò la ragazza sulla sdraio e urlò, la brioche le cadde e fece per soccorrerla ma lui la bloccò. Le cinse la vita, “ ferma, non muoverti, è morta”. Bea singhiozzava e tremava per la paura, Nico le fece girare la testa per non farla soffermare sul cadavere. Intanto la spiaggia iniziava a riempirsi anche perché le persone erano state attratta dal loro comportamento e dalle urla. “Oh mio Dio, questa e Claire, cosa le è successo”? “La conosce”? le chiese Nico mentre accarezzava la schiena di Bea per calmare il tremolio. “Si”, disse la signora visibilmente scossa, “una ragazza molto a modo che veniva qui ogni estate, amava venire in spiaggia la mattina presto”. Nico era scosso anche se non dava a vederlo, portò Bea al bar del lido dove la costrinse a bere un bicchiere d’acqua per riprendersi ma il bicchiere le tremava nella mano cosi tanto che parte dell’acqua era fuoriuscita. “Cerca di stare calma”. “Come posso stare calma”? urlo Bea, “ vado in spiaggia e trovo una donna morta ammazzato sotto il mio ombrellone, il libro che ieri ho dimenticato è macchiato del sangue di quella donna e mi dici di stare calma?” urlò sull’orlo di una crisi di nervi. “Eppure è sempre stato un lido tranquillo il nostro”, si intromise il barista preoccupato forse più per le conseguenze negative sulla sua attività che per quella sventurata ragazza.
Alcune persone erano tornate dalle spiaggia e stavano raccontando dei particolari. La ragazza era stata colpita con un colpo di pistola alla testa, stava leggendo un libro, chi l’aveva aggredita le aveva rubato la borsa contenente pochi spiccioli ed era scappato. Nessuno ha visto o sentito.
Claire si era recata in spiaggia come ogni mattina, non aveva un suo ombrellone ma si sedeva dove voleva per un paio d’ore, non dava alcun tipo di fastidio perché la spiaggia a quell’ora è ancora deserta. “Vieni”, le disse Nico, “ti porto in hotel”. Bea si alzò come un automa e lo seguì senza ribattere né fare domande. Nico l’accompagno in camera e la sistemò sul letto, le abbassò la tapparella per oscurare la stanza affinché potesse riposare. Alla finestra guardò fuori e ciò che vide lo disturbò non poco. Un uomo che fumava guardava fisso la finestra della stanza di Bea. Subito si scostò ma si sentì agitato. Si sedette sulla poltrona e attese che Bea si addormentasse.
Bea si muoveva continuamente , non riusciva a riposare tranquilla, era visibilmente scossa. Nico si alzò e le accarezzo’ la testa, le baciò la guancia e la vide fragile ed indifesa. Povera, era venuta per rilassarsi e riprendersi dalla vita frenetica, invece ora doveva affrontare quest’altra situazione spiacevole. La guardò per un’ultima volta e lasciò la sua stanza, doveva riflettere.
Era seduto sul balcone della sua stanza quando qualcuno bussò alla porta. Si alzò per aprire e lo vide. “Sei tu”, gli disse con voce neutra dandogli le spalle. “Si sono io, e vorrei sapere cosa stai combinando. È ancora viva e per noi le cose si stanno mettendo male”. Nico continuò a dargli le spalle senza scomporsi. “Se stamattina non avessi sbagliato bersaglio a quest’ora il problema sarebbe risolto” . Nel sentire quelle parole Nico reagì in malo modo, si lanciò di scatto su di lui e gli assesto un pugno sulla guancia prendendolo di sorpresa e lasciandolo tramortito. Vide il sangue colare dal naso e dall’angolo della bocca. Sputò il sangue e gli disse: “Cosa cavolo fai”? Istintivamente tirò fuori una pistola e gliela puntò sulla fronte pieno di rabbia. “Spara”, lo sfidò Nico, avvicinandosi minaccioso. “Non sfidarmi, potrei ucciderti in questo momento”. “La verità è che sei solo una mezza tacca, il killer professionista sono io, perciò l’incarico è stato dato a me. Tu devi solo sorvegliare perché non sai fare altro”, Nico vide la mano che impugnava la pistola tremare. “Ti sarebbe piaciuto dire al capo che l’avevi uccisa tu, invece hai creato solo un gran casino colpendo la persona sbagliata e ora, vorresti peggiorare la situazione uccidendo anche me?” L’altro abbassò la pistola ma i suoi occhi di rabbia, all’improvviso diventò calmo e disse entro stasera deve essere tutto compiuto. Nico si era appena girato di spalle quando uno sparo squarciò l’aria della stanza.
Bea si era svegliata ma era sempre molto agitata. Vide un’ombra accanto a lei sul letto e si alzò spaventata. C’era un uomo che non conosceva sul suo letto sembrava dormisse, si portò una mano alla bocca per non urlare. Si avvicinò, gli vide un buco sulla fronte, il sangue capì che era un altro cadavere. Non avendo più la forza di urlare si inginocchiò rannicchiandosi in un angolo della stanza e pianse abbracciandosi le ginocchia. Aveva tanta paura, era immobile, non riusciva a muoversi, aveva paura perfino di respirare. Un rumore le fece alzare subito la testa sgranando gli occhi, iniziò a tremare tutta, c’era un uomo nella stanza, vedeva un ombra accanto alla sua finestra ma le tapparelle abbassate le impedivano di vedere i contorni distinti. Bea sentì la testa girare vorticosamente e poi più nulla.
Sentiva delle voci ma non riusciva a distinguerle, una le sembrava conosciuta ma non ne era sicura. Discutevano ma non capiva di cosa. “Il caso Stocford”, “ medicine” erano alcune parole che aveva udito e le suonavano familiari. Cercò di riprendersi, doveva innanzitutto capire dov’era. Era tutto buio, ma tastando ciò che aveva vicino capì di essere in un bagno. Si concentrò per distinguere le parole: “Lascia fare a me, sono un killer professionista, l’ ho agganciata e si fida, la coglierò di sorpresa e la ucciderò”, disse una voce che riconobbe essere di Nico. La voglia di urlare fu forte ma si trattenne. Voleva ucciderla per il suo lavoro stava seguendo una pista sul caso Stacford riguardante delle medicine scadute e riutilizzate sotto altra forma, non ne aveva le prova ma stava interrogando delle persone perché avevano parenti deceduti a seguito dell’acquisizione in farmacia di prodotti galenici “La Stacford farmacy” leader nella preparazione di questi prodotti.
Quello che stava accadendo in quel momento era la prova che stava lavorando bene ma non voleva morire, era troppo giovane.
Era cosi assorta nei suoi pensieri che non si accorse che nessuno più parlava. Si concentrò ma sembrava proprio che non ci fosse nessuno. Era indecisa sul da farsi, stava per toccare la maniglia del bagno quando la porta si aprì e vide Nico di fronte a lei. Lo guardo terrorizzato e indietreggiò . “ Come stai”? le chiese preoccupato. Bea non sapeva se fingere di non sapere nulla o rinfacciargli quello che aveva scoperto. La rabbia prevalse:” Come sto, hai il coraggio di chiedermelo dopo che hai appena promesso che mi avresti ucciso”? Gettò uno sguardo dietro di lui e vide si nuovo il cadavere sul letto. C’era un po’ più di luce nella stanza, riconobbe l’uomo che aveva incontrato appena arrivata in hotel. “Chi è “, chiese a Nico. “Un mio complice”, rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo avere un cadavere in camera”.
“Il suo compito era quello di sorvegliarti, il mio di ucciderti, era tutto programmato” disse freddamente, “il tavolo vicino al tuo, l’ombrello vicino al tuo, le camere confinanti, la tua stanza con balcone sulla strada, basta dare una lauta mancia e i desideri vengono esauditi”. “Chi l’ ha ucciso? “ chiese Bea guardando il cadavere. Bea sentì un forte senso di nausea e un conato di vomito sopraggiunse. Nico le fu vicino in un baleno ma lei lo cacciò in malo modo:” Non toccarmi, lasciami “. Lui si avvicinò alla sua beretta e la prese. Bea sentì le gambe diventare molli, accadde tutti in un secondo, Nico puntò l’arma e sparò.
Sentì in lontananza le sirene della polizia, Bea era immobile, spaventata. All’improvviso la porta si aprì, entrarono i poliziotti e paramedici: “Signora siamo qui, è tutto finito”, la distesero sulla lettiga e Bea li lasciò fare. In ospedale le fecero gli esami ma il suo era solo un male psicologico, non fisico. Era stata anche già dimessa. Entro un poliziotto per chiederle come si sentisse. “Io sto bene, cosa è successo?” “Il suo amico ha contattato la centrale e ci ha detto cosa è successo, cosa avrebbe dovuto fare e chi gliel’aveva ordinato. Non ne ha avuto il coraggio e a preferito morire piuttosto che ammettere la sconfitta”.
Bea, rimasta da sola, decise di riprendersi, era un avvocato e nessuno l’avrebbe scoraggiata. Non sarebbe tornata in hotel, né al lavoro, sono le sue ferie e le avrebbe fatte a qualsiasi costo. Prese il cellulare e chiamò i suoi amici per avvertirli del suo arrivo in montagna previsto per quella sera stessa.
The end
Giovanna Viola alias @GViola16
Immagine presa dal web