L’ira funesta delle cagnette a cui aveva sottratto l’osso

Titolo tratto dal testo di Bocca Di Rosa – Fabrizio De Andrè – 1967

Tanti sono gli echi letterari che ricordano il penultimo vizio capitale: l’ira, ma il testo di questa canzone di De Andrè credo ne renda in modo inequivocabile il significato. Le donne di un paesino si rivoltano contro la bellissima nuova arrivata che fa il mestiere più antico del mondo e distrae tutti i mariti del paesello, è tanta la rabbia che deve intervenire la Benemerita per placare l’ira funesta. Bocca di Rosa vincerà o lascerà il paesello?

E con la Vergine in prima fila

E bocca di rosa poco lontano

Si porta a spasso per il paese

L’amore sacro e l’amor profano

 

Ira, rabbia e incazzature, giusto per essere chiari. Praticamente ogni giorno siamo peccatori, tutti i peccati capitali ci mangiano dentro, sono serpenti viscidi e velenosi ma la rabbia, secondo me, è quella che, più di ogni altro sentimento negativo, ci  assale dentro e ci divora. 

Dicono che l’ira sia qualcosa che cresce e si ingrandisce nell’anima, nel corpo e nel sangue fino a farci esplodere, appunto, in modo funesto. Più la tratteniamo più ci divora, si moltiplica e quando iniziamo ad urlare ecco che la stiamo buttando fuori, tipo il vomito di Emily Rose nell’esorcista.

Ok, la smetto con queste immagini macabre, era solo per dirvi che se proprio vi dovete incazzare fatelo per gradi, buttate fuori la rabbia un po’ alla volta, non dovete tenervi tutto dentro; se c’è qualcosa che non va, ebbene sì, ditelo subito. Accumulare ira, oltre al fatto che si va all’inferno, fa male! Pressione arteriosa alta, giugulare che pulsa, mal di stomaco ed infine epilessia. 

Dunque perché tenersi tutto dentro?  Per poi esplodere e diventare tutti degli ipotetici assassini omicidi? Mi viene in mente la cronaca nera e le stupide interviste ai vicini di casa, del tipo: ma che uomo era? Aveva mai dato segni di squilibrio? Era cordiale? 

I tg fanno il loro mestiere è chiaro, ma cosa vuoi che ti risponda la vicina di casa, che vedeva tutti i giorni quell’uomo andare al lavoro, salutare moglie e figli sorridenti dalla finestra;  caro TG ma cosa vuoi che ti dica?

L’uomo era un bravo uomo finché non ha perso il lavoro, trovato sua moglie a letto con un altro e visto suo figlio spacciare. Come la mettiamo? A chiunque scatterebbe l’ira funesta, diciamolo! 

Per fortuna così non è, almeno non è sempre così, c’è chi ancora pur incazzandosi, piangendo e picchiando la testa al muro, in senso figurato, trova soluzioni di buon senso anche quando sembra crollare tutto addosso, tipo terremoto del settimo grado della scala Richter.

Ho citato De Andrè che reputo un poeta e filosofo del XX secolo ed ora cito Socrate, il quale raccomanda già da secoli,  di “arrabbiarsi con la persona giusta, nella misura giusta, nel modo giusto, nel momento giusto e per la giusta causa”. 

Tutto chiaro?! Tutto facile?!

Arianna Capodiferro alias @arica72

Immagini dal web

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