C’era una volta un’abitudine che costringeva le persone a giudicare e relegare altre persone in categorie. Fin da piccoli, infatti, ci hanno sempre insegnato a distinguere il bene dal male e i buoni dai cattivi, come se l’educazione dell’essere umano si basasse sull’appartenenza o meno a gruppi di individui giusti o sbagliati.
Sia chiaro, queste poche righe sono frutto di pensieri personali e non vogliono in alcun modo essere un trattato di psicologia, non mi permetterei mai di esprimere concetti sostituendomi a professionisti di qualsiasi genere. Sono pensieri che mi bazzicano per la testa da stamattina, pensieri che hanno a che fare con branchi di lupi, greggi di pecore, pecore nere, torti o ragioni. Sono pensieri che, chi come me frequenta l’ambiente dei social, legge spesso.
Ebbene sì, viviamo un’epoca in cui siamo tutti lupi, siamo tutti seduti dalla parte del torto, nessuno fa parte del gregge ma siamo tutti pecore nere. Quindi tutti apparentemente liberi, infallibili, temerari e cazzuti.
Chissà quanti di voi leggendo il titolo del racconto hanno rispolverato il ricordo della maestra che si doveva assentare e chiedeva ad un nostro compagno di classe di scrivere alla lavagna i nomi dei buoni e dei cattivi. Questo poteva essere considerato uno dei primi approcci con le categorie e, soprattutto, con l’interpretazione che il compagno dava alla definizione di buono o cattivo. Ecco, appunto, l’interpretazione. Chi definisce cosa sia buono o cattivo, bello o brutto, giusto o sbagliato? Aldilà delle regole comportamentali, del buon senso, della legislazione e del buon costume, chi stabilisce cosa rientra in una categoria piuttosto che in un’altra?
Nulla è assoluto, tutto è relativo, diceva Einstein. Con questa citazione arriviamo a parlare di relativismo come filosofia che nega l’esistenza di verità assolute che trova radici già nell’antica Grecia. Ma parlando della nostra epoca mi vien da dire che tutto è soggettivo, opinabile e di oggettivo non c’è molto. Probabilmente la differenza la fa la selezione, probabilmente il genere umano ha sempre bisogno di riconoscersi all’interno di un gruppo nonostante, il singolo, ostenti la volontà e la capacità di non far parte di alcuna categoria.
Sarebbe interessante capire chi e come può stabilire cosa è giusto o sbagliato, il bene o il male, bello o brutto, chi sono i buoni o i cattivi, cosa è normalità e cosa no. Ma questo sarebbe un ulteriore pretesto per scatenare altre inutili faziosità tra esseri umani.
Forse basterebbe solo riuscire a scegliere da soli, senza subire influenze di religioni, società e ambienti famigliari. Ma questa è un’altra storia.
E.
@enigmatico141