Sono in pausa pranzo quando la mia collega mi ricorda che stasera ci sarà una cena aziendale, ed io come al solito l’avevo dimenticata non solo perché odio gli eventi che vengono organizzati dalla ditta per cui lavoro ma perché odio qualsiasi tipo di mondanità.
Alle uscite mondane preferisco le serate casalinghe.
Inutile negare che sono assalita dall’angoscia più profonda perché nell’armadio non solo non ho vestiti adatti ad un’occasione così importante ma penso di essere l’unica donna che odia fare shopping.
Guardo l’orologio, ho poche ore prima che inizi quella cena quindi se non voglio andarci con dei semplici jeans ed una maglietta, devo inventarmi qualcosa. Prendo qualche ora di permesso e, a malincuore, non mi resta che iniziare a fare un giro per i negozi del centro con la speranza di trovare qualcosa di appropriato.
Sono una donna prosperosa e le mie curve mi hanno sempre creato un po’ d’imbarazzo e di disagio perché non ho mai accettato la mia femminilità così prorompente che attirava spesso agli sguardi degli uomini, mentre io avrei di gran lunga preferito passare inosservata.
Con il passare degli anni ho imparato a stare dietro le quinte, a calcare le scene non come protagonista ma come comparsa. Era come se fossi invisibile, una parte della scenografia e, devo dire, che questo ruolo non mi dispiaceva affatto, anzi, avevo modo di osservare le persone senza farmi notare.
E così, mentre guardo le vetrine, mi riaffiorano alla mente tutti quei ricordi che, in qualche modo, avevo cancellato dalla mia mente. Inizio a ricordare gli anni delle elementari e le cattiverie che i bambini inconsapevolmente dicono solo perché le hanno sentite a loro volta dai genitori.
Gli anni difficili delle medie e del liceo, quando nascondevo le mie curve sotto a maglioni informi solo perché i ragazzi facevano battutine durante l’ora di educazione fisica ed al mio tormento nell’accettare tutto questo senza poter rispondere perché ero troppo timida.
Oggi, se ripenso a tutto questo, non posso fare a meno di sorridere ma allo steso tempo provo pena nell’immagine quanto possano soffrire le donne che non stanno “bene nei loro abiti” solo perché vogliono apparire perfette quando basterebbe solo accettarsi per quello che si è.
Sono ancora sovrappensiero quando in una vetrina vedo un delizioso abito rosso che, sono sicura, potrebbe fare al mio caso, se solo avessero la mia taglia. A quell’ora il negozio è affollato, mi guardo intorno tenendo d’occhio l’orologio, ho davvero i minuti contati. Tutte le commesse sono impegnate, quando vedo un commesso intento a sistemare alcuni capi su uno scaffale.
– Mi scusi, vorrei provare quell’abito rosso in vetrina, è possibile? –
Alla mia domanda il commesso si volta e rimango abbagliata da quegli occhi di un verde intenso, incorniciati da ciglia lunghissime.
– Certo, vado a prendere la sua taglia. Può provarlo in quel camerino accanto allo specchio, dovrebbe essere libero; sono certo che quel vestito le starà benissimo. –
Quel complimento inaspettato mi fa arrossire, e mi affretto a provare l’abito che, con mia grande sorpresa, non solo è della taglia giusta ma valorizza alla perfezione il mio corpo..
Esco per specchiarmi e lui è lì, con una strana luce negli occhi.
– E’ stupenda, quest’abito sembra stato essere disegnato apposta per lei – mi sussurra, facendomi avvampare.
Mi precipito di nuovo nel camerino e cerco di calmarmi perché non sono davvero abituata a ricevere dei complimenti che penso di non meritare; sento ancora il suo sguardo su di me ed una strana sensazioni mi pervade il corpo facendomi nascere per la seconda volta.
Sorrido, credo che la cena staserà aspetterà, fare shopping inizia a piacermi tanto, troppo.
Anche il commesso mi piace e chissà, magari invece di farmi i complimenti con addosso il vestito rosso potrebbe anche farmeli togliendomelo.
E la mia immaginazione inizia a volare!
Barbara per @tantipensieri
Immagine dal web