La Ducati nera frenò decisa fermandosi con un rombo di fronte alla parete di specchi e acciaio della sede della Bank of America di Brickell. Denny fissò per un istante il proprio riflesso di fronte a sé, i RayBan specchiati e la mascherina nera lo rendevano pressochè irriconoscibile, ma ugulamente alzò la bandana nera sopra alla mascherina, scese dalla moto e spinse la porta d’ingresso. Entrando nell’atrio rivolse con il suo spiccato accento italiano alla guardia un “Ehi Johnny, che si dice, come sta Nicole?”
Vide lo stupore negli occhi della guardia, perplessa su chi fosse quell’immigrato dall’aria del parvenue che sembrava conoscere così bene lui e sua moglie. Approfittando di quello sgomento, Denny sollevò la mano sulla spalla dell’uomo, gli strinse forte quel lembo di pelle fra collo e spalla e facendogli perdere i sensi in pochissimi istanti, con quel piccolo trucco imparato nei molti anni trascorsi dentro ad un dojo.
In quel preciso istante estrasse la Smith&Wesson di grosso calibro da sotto al giubbotto in pelle, puntandola in faccia al cassiere gridò con la precisione di chi ha un piano preciso pur non parlando bene la lingua “Chiama il 911 e avvisa che c’è un uomo a terra, colpito da due proiettili, cosciente ma grave. Ora, RAPIDO!”
L’impiegato sbiancò, ma eseguì e nel preciso istante nel quale la centralista dall’altro capo del telefono gli stava chiedendo cosa stesse effettivamente accadendo, sotto agli sguardi attoniti dei colleghi e dei clienti, senti rimbombare il colpo dell’arma da fuoco. Pochi istanti dopo, il grido venne seguito dai rantoli di chi sta stringendo forte i denti per sopportare il dolore.
Si gettarono tutti a terra, mentre Denny si dirigeva verso quel caucasico dalla mascella così squadrata cui il proiettile aveva appena spezzato la clavicola, sparò un nuovo colpo a bruciapelo colpendo di striscio la mano, facendogli così lasciare la pregiata sacca di pelle. La raccolse e con il tono di sfida tipico degli italiani in America sussurrò all’uomo “Dì pure a Madre Ucraina che abbiamo appena iniziato.”
E così uscì, saltando in sella alla Ducati sentì le sirene della polizia avvicinarsi, si mise la valigia a tracolla dietro alla schiena e partì con un rombo che riecheggiò fra gli altissimi grattacieli.
Sotto al ponte che conduce a South Beach lo stava attendendo una potente moto d’acqua, con la quale si sarebbe portato sul fuoribordo da competizione che in poche ore gli avrebbe permesso di raggiungere Cuba, dove il suo aggancio non si sarebbe fatto tante domande sul perché il suo passaporto Europeo avesse quei bizzarri timbri, mentre una abbondante mazzetta avrebbe messo a tacere tutte le voci sul perché un italiano versasse così tanti contanti sul conto di un anziano cubano in odore di amicizia con i federali americani.
Così dopo tre anni di lavoro sotto copertura nel peggiore e più violento squallore della Magic City, quel giovane agente, Denny, uscito troppo presto dai Navy Seals, aveva dato fuoco alle polveri, scatenando la più sanguinosa guerra fra i cartelli della droga italiani e ucraini che mai avesse avuto luogo sotto alla bandiera a stelle e strisce.
Perché proprio come aveva imparato in quelle labirintiche grotte Afghane, dove la Giustizia non arriva, a volte arriva chi decide di fare giustizia.
Ruggero per @tantipensieri
immagini dal web