Mi fermo davanti allo specchio.
Mi guardo e sorrido.
Sorrido per quella che ero.
Sorrido per quella che sono diventata.
Sorrido per quella che sarò.
Sorrido perché prima non riuscivo a guardarmi, non mi piacevo e detestavo tutti gli specchi perché più mi guardavo, più mi trovavo piena di difetti.
Allora ho cominciato non solo ad odiarli ma ad odiare anche me stessa.
Così, mentre imparavo a convivere con questo odio, a poco a poco mi sono dimenticata di quella che ero.
Si perché a volte è strano come anche l’abito più comodo, quello che abbiamo cucito sulla nostra pelle, possa ad un tratto non essere più a misura; comincia a stringere, a tirare, lo troviamo scomodo, stretto, corto e tu non puoi fare altro che adattarti e comprare qualcosa di più largo.
Ero così arrabbiata con me stessa che sono arrivata al punto di odiare perfino quell’abito in cui avevo investito tempo e amore.
Quell’indumento che avevo indossato con orgoglio e passione non mi stava più bene, non mi faceva stare bene.
E quando non avevo più difetti da odiare, ho iniziato a disprezzare quel corpo che non mi sentivo più mio.
Ho iniziato a cercare scuse, ho iniziato a calcare le scene della mia vita non come protagonista ma come comparsa.
Era come se davanti a quello specchio io fossi invisibile, e mentre il tempo passava, io rimanevo silenziosamente in disparte ad osservare gli altri che iniziavano ad uscire, a ridere, a scherzare.
Mi ci sono voluti anni per accettare i miei difetti, la mia prosperità e perfino le mie curve.
Si perché poi crescendo si vede e si percepisce tutto in maniera diversa, perfino le imperfezioni.
Così scopri che qualcuno ti ama così come sei, e che può essere bello specchiarsi e sorridere, anche ai propri difetti.
Basta solo capire il momento esatto per sfilare via quel vestito informe, prima che diventi un vestito di vetro che apre ferite profonde e lascia cicatrici eterne.
mbarbie per @tantipensieri
Immagine dal web
