“La porta del cuore”

Scrivere e fotografare le veniva bene era il suo modo preferito di raccontarsi, per lei era davvero troppo importante, purtroppo da un po di tempo non riusciva a scrivere poesie.

In quel periodo particolare che stava attraversando si era resa conto che il respiro era diventato la sua poesia e avrebbe voluto più che mai in quel momento viverla.  Per lei era poesia camminare, correre, conoscere, sentire, scoprire, accarezzare e sognare… da tutto questo nascevano le sue poesie era come cogliere un frutto e assaporarne il gusto e il colore.

La cosa che le piaceva di più fare era camminare al ritmo dei suoi piedi, cuffie alle orecchie con una musica che non stava ad ascoltare perché aveva la testa fra le nuvole…le piaceva vagare così.

Voleva fluire, anche quando gli scogli le sembravano dighe imponenti impossibili da oltrepassare.

Voleva essere flessibile, di più, ancora di più, per non spezzarsi sotto i colpi dell’uragano, per essere sempre pronta a inchinarsi alla vita senza però volersi sottomettere a un volere disumano.

Nella poesia trovava la forza ogni volta che pensava di non farcela c’erano giorni che era come se arrivassero schegge d’amore a trapassarle il cuore o angeli senza piume pronti a sostenerla e a ricordarle che a questo mondo forse anche un pochino del suo amore poteva servire.

Non stava ferma, lei era fatta così, mai! Era una guerra continua, un sali e scendi di cuore che batte come un matto…che fatica faceva ogni giorno a tenerlo buono perché non si ribellasse!

C’erano giorni che quel povero cuore era stiracchiato, a dire il vero lo era sempre un pochino ed era la conseguenza di quel costringerlo a stare sempre buono, a fare il bravo, a non fare il solito casino emotivo… poi le giornate in cui li sentiva tutti i suoi cocci rotti, tenuti insieme con coraggio dal nastro adesivo. In quel periodo il nastro adesivo le sembrava la soluzione a tutto ormai…

Altri giorni quel povero cuore lo sentiva come se fosse scappato, per la verità sapeva dov’era andato e se fosse andata a cercarlo lo avrebbe trovato di fronte a una porta chiusa ad attendere. Ma non voleva andare da lui, non se la sentiva ancora di dirglielo che era sigillata e nessuno avrebbe aperto quella porta senza cardini né chiavi, non c’era proprio modo di spalancarla.

Lei sapeva la parola magica per buttarla giù, ma non voleva dirgliela perchè avrebbe sofferto ancora.

Lo guardava sperare… e ancora sperare… non si muoveva da lì, lui continuava ad aspettare e lei aspettava che lui deluso facesse ritorno nel suo petto, per poterlo abbracciare e sussurrargli, in silenzio, che era a casa e andava tutto bene.

Perché succede che si ha solo bisogno di questo, essere cercati, trovati… Per un silenzio pieno di tutto.

Sentirsi a casa non è una cosa da dare per scontata.

È un dono…. Lo è sempre.

Marinella per @tantipensieri

immagini dal web

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