Stanotte fa caldo, la finestra è aperta ed io sono agitata.
Provo a guardare la TV, a leggere un libro ma niente; il sonno sembra non arrivare.
Le lancette scandiscono le ore, i minuti, i secondi. Tutto scorre velocemente, troppo, ed io sono stanca perfino di aspettare Morfeo.
La folle corsa del tempo, un ricorrersi senza tregua.
Improvvisamente mi viene voglia di salire in soffitta, mi sono ricordata del baule dei ricordi, quelli che gelosamente ho conservato in tutti questi anni e che rappresentano i momenti belli della mia vita.
Scendo dal letto, cercando di non fare rumore e camminando scalza come facevo quando ero bambina raggiungo la soffitta dove il caldo è ancora più opprimente.
Apro il lucernario ed una brezza leggera invade la stanza, chissà, magari sono gli spiriti del mio passato che vengono a salutarmi.
Inizio a rovistare tra scatole, oggetti dei bambini, libri e proprio quando ho perso la speranza lo vedo, vicino al muro, in fondo alla stanza.
Con mani tremanti cerco di togliere la polvere, un semplice “clic” e vengo invasa dall’odore di muffa.
“Che faccio? Mi lascio trasportare dai ricordi o chiudo tutto e lascio perdere?“
Una voce, dentro di me, mi dice di tornarmene a letto, ma ormai sono decisa, in fondo è passato così tanto tempo.
Mi siedo a gambe incrociate, sbircio dentro al baule ed inizio il viaggio tra i miei ricordi: lettere legate con un nastro rosso, ritagli di giornali ingialliti dal tempo, la mia prima Barbie e poi una scatola di latta. La tocco e con mani tremanti tolgo il coperchio.
Chiudo gli occhi ed un profumo di lavanda e di Marsiglia invade la stanza. Respiro quel profumo e sorrido mentre i ricordi si affacciano nella mia mente.
Guardo quelle foto in bianco e nero, scolorite dal tempo e penso a lei, Margherita, mia nonna paterna. Nonna era bellissima, così bella che sembrava fosse uscita da un film anni ’50, con quel viso di porcellana incorniciato da capelli leggermente mossi e due occhi azzurro cielo. Piccola e minuta aveva coraggio da vendere; per tutti lei era “la bersagliera” perché non riusciva mai a stare ferma, era sempre in continuo movimento.
Lei amava le cose semplici e genuine; lei amava l’estate e camminare a piedi scalzi tra l’erba solo per raccogliere le margherite che intrecciava in coroncine da mettermi in testa perché per lei ero il fiore più bello; lei che in vita sua non si è mai messa un paio di pantaloni perché, diceva, “i pantaloni lasciamoli portare gli uomini”; lei che quando mi ha visto in pantaloni la prima volta ha sgranato gli occhi e mi ha detto “I tempi sono proprio cambiati”.
Lei, sensualissima ed austera; lei fiera della sua terza elementare ma con la voglia di imparare.
Il ricordo che ho di mia nonna è un ricordo dolcissimo, lei per me è stata la mia seconda mamma, la persona che mi ha cresciuto e coccolato.
Una donna che mi ha insegnato ad apprezzare la vita in tutte le sue sfumature.
Una donna che ha vissuto la povertà sulla sua pelle e che, per questo, quando ci metteva a tavola il suo era sempre l’ultimo piatto che riempiva.
Una donna che ha sofferto molto, perché la sua vita non è stata una passeggiata, ma nonostante questo, lei ha avuto sempre un sorriso per tutti.
Un sorriso che mi ha lasciato in eredità perché, come diceva “si può morire dentro, ma gli altri ti vedono per come sei fuori. Tu sorridi e sii forte fuori ma non farti mai vedere soffrire dentro“.
Ed io la voglio ricordare così, con il sorriso.
Barbara per @tantipensieri
Foto dal web