A volte mi piacerebbe avere una bacchetta magica, come quella che avevo da bambina quando per carnevale mi vestivo da fata turchina.
Mi piacerebbe farla fluttuare nell’aria e pronunciare quelle parole magiche “Bibbidi-bobbidi-boo” che si dicono nei cartoni animati e che fanno avverare i sogni, anche quelli più improbabili.
Da bambina avevo tantissimi sogni che riponevo con cura dentro ad un cassetto immaginario, ogni tanto li lasciavo uscire per toglierli tutta la polvere di dosso, li facevo volteggiare nella stanza fino a quando, ormai stanca, li riponevo nuovamente con dedizione aspettando che un domani potessero realizzarsi.
I miei sogni da bambina erano diversi da quelli dei bambini di oggi; i bambini di oggi sognano in grande stile mentre io mi accontentavo. Adesso i bambini hanno le idee chiare mentre io avevo le idee confuse, questo perché i bambini oggi sanno quello che vogliono fare o, semplicemente, quello che vogliono essere.
Oggi è tutto più frenetico complice anche la tecnologia che i bambini sanno usare già da piccolissimi, nessuno si accontenta e più si ha e più si vorrebbe avere.
Oggi si diventa grandi in fretta, ieri non si vedeva l’ora di diventare grandi.
Ricordo che da bambina indossavo le scarpe di mamma, quelle con il tacco alto per sentirmi più alta, mi mettevo il suo rossetto rosso per sentirmi più bella e mi specchiavo atteggiandomi a piccola diva.
Passavo pomeriggi interi seduta a gambe incrociate sul letto con il mio diario e la penna in bocca e fantasticavo su come sarebbe stato il mio ” futuro “: come sarei stata, che lavoro avrei fatto, se mi fossi sposata e quanti figli avrei avuto.
Sì, perché ai miei tempi, a cavallo tra gli anni 70/80, i divertimenti di noi bambini non erano molti e ci accontentavamo di quel poco che avevamo che diventava molto se sognavamo.
Non c’erano centri commerciali, negozi aperti la Domenica e il cinema aveva solo due spettacoli.
Fuori non c’erano pericoli, tutto era più genuino; è vero, forse vivevamo in una bolla di sapone, ma almeno eravamo liberi di correre tra i prati felici e spensierati, i capelli scompigliati dal vento, le guance rosse, e poco ci importava se cadevamo e avevamo le ginocchia sbucciate.
Ci alzavamo e continuavamo a correre, anche se bruciava da morire.
Poi ci mettevamo distesi per terra, con la faccia rivolta al cielo, e inventavamo delle storie pazzesche che, a ripensarci adesso, non avevano granché senso ma ci facevano viaggiare con la fantasia.
Già, la fantasia. Era bello usare la fantasia per scappare lontano, sognare, volare e arrivare in un mondo dove tutto era possibile, un po’ come nell’isola che non c’è. Perché, diciamocelo, tutti noi siamo stati dei Peter Pan o delle Wendy, dei Campanellino o dei Capitan Uncino.
Alcuni di noi lo sono ancora adesso, in bilico tra realtà e fantasia, sospesi su quelle nuvole e pronti a spiccare il volo. Io faccio parte di questa categoria e, ancora oggi a distanza di anni, non mi vergogno di volare con la fantasia o di sognare ad occhi aperti perché dentro di me c’è e ci sarà sempre quella bambina sognatrice e romantica.
In fondo, sognare non costa niente e come diceva Peter Pan c’è “tanta voglia di crescere per accorgersi che rimanere bambini è la cosa più bella che ci sia…”, come ieri, come oggi e come domani, aggiungo io!!!
Barbara per tantipensieri
Immagine dal web