Il pensiero di Alex: “La fagianata” di P. Cristofani, O. Gagliani, G. Martella, D. Timpano (Alessandra Corbetta/@alex.corbetta)

La fagianata perché: lo spazio del verso può e dovrebbe continuare a essere luogo di sperimentazione e contaminazione; lo usano come tale i quattro autori che, in un gioco poetico scherzoso e raffinato al tempo stesso, danno vita a un’opera interattiva e collettiva in cui ripercorrono i tempi di un’adolescenza lontana negli anni ma immanente allo spirito. Affidandosi al modello del poema cavalleresco, Cristofani-Gagliani-Martella-Timpano fanno della parola strumento di riflessione e divertissement, sfruttando la pervasività della Rete, dove l’opera nasce e si costruisce, senza farsi sopraffare bensì asservendosene e regalandoci un esempio di amore autentico per la scrittura e le sue infinite possibilità.

 

Il Convito

Osvaldo Gagliani

Quando la vela è di vento rigonfia
freme la chiglia a cigola il pennone,
allora è tempo ch’io prenda il timone
e che la barca mia si affidi all’onda.
Da nauta lasciai la patria sponda

che da Cariddi è nomata Peloro
e con Zefiro che sempre m’asseconda
salpai alla volta del colle di Pianoro.
Confortato dalla fantasia
non fu mai che mi persi di coraggio,
ma affrontai il periglioso viaggio
pennellandolo di gioia e poesia.
Nel ritrovare l’antica compagnia
mi fu chiaro, come fosse adesso,
che nella vita capita spesso
di navigare periplando se stesso.
Ma per tornare a ciò che dissi prima,
fra i filari del verde giardino
si avvicinò quell’oste malandrino:
“O frate disse, amico ritrovato,
al mio Convito ritieniti invitato.
Sarà con noi il nobile Senese
e dame e cavalier di avita schiatta
Vedrai da te, non ho badato a spese
poiché la mia scarsella non è piatta.
M’introdusse in un grande salone,
tutto era pronto, tavoli e poltrone;
sulla mensa, o meraviglia,
piatti dorati, argentee stoviglia
mettean in mostra la cacciagione:
oche pernici folaghe fringuelli
passeri rondini e pure pipistrelli.
Se mancava il fagiano fu per cortesia,
ché non saria cortese fare sgarbo
al cavalier Senese;
quanto a me, si mancò di riguardo
mi servirono a piene mani
Biancaneve con tutti i sette nani.
Come è d’uopo in simili occasioni
non mancarono i canti e i suoni,
il Senese attaccò la cornamusa
e lo scudiero, forte di cervello,
lo accompagnò al suon del tamburello.
Accanto a me, al posto d’onore,
sedeva una fanciulla di gran cuore,
che più del cuore avea grande il petto
che prorompeva da un sottil corpetto.
La sua gonna di lana floscia
arrivava appena a mezza coscia.
Durante il pranzo colse l’occasione
di intavolare con me conversazione:
“Conte -mi disse- con mia meraviglia
voi disdegnaste l’uccello e la coniglia.
Per non restare digiuno andando a letto
badate, prego, a quel che vi prospetto:
se stasera verrete al mio castello

vi farò grazia del mio culatello.”
E fu a quel punto che irruppe il messaggero:
“Sono venuto da molto lontano
con un messaggio da consegnare al nano.
Aita implora il signor di Treviso,
Ernesto, cavalier della Sacra Corona,
che vinse i Mori all’assedio di Pamplona.
Fu il sortilegio del mago Merlino
a condannarlo a un amaro destino,
il dì che all’ombra di un folto sambuco
fu trasformato in setoloso bruco.

Giuseppe Martella

O Animale grazioso e benigno
bruco gentile verde e setoloso
che nel paese dello meraviglio
eri col cappellaio matto e col coniglio
d’Alice l’interlocutore,
come faremo noi a trovar consiglio
per liberarti da codesta fattura,
prima che possa farlo il tuo Fattore?
Avrem certo bisogno dell’aiuto
di qualche amico con un certo fiuto.
O Bruco santo Bruco benedetto,
chi lo può dire chi portò il disdoro
di rovinar così un capolavoro
come giammai nessun portò ad effetto.
Chi fece mai questo artificio insano,
e se lo fece con arcano detto,
(sia mago sia gigante oppur oppure nano)
io questo non lo so, l’ha in mente Osvaldo
che adesso tiene in mano il tuo destino
quasi ne avesse diritto divino,
e dice che fu colpa di Merlino.
Ma se di questi davvero è la fucina,
guarirti sol potrà la maga Alcina.

Domenica Ti

Molto divertente 🙂

Giuseppe Martella

Perché non collabori anche tu con i tuoi versi?
Abbiam bisogno di amici valenti e diversi,
per ricondurre al suo sembiante umano
il triste Bruco che cadde in preda al Nano!

Domenica Ti

Ma fin qui è tutta opera tua!

Giuseppe Martella

No. Come vedi è collettiva. Principalmente siamo io, Osvaldo Gagliani e Piero Cristofani (autori e
personaggi), ma tutti sono benvenuti!

Domenica Ti

Vediamo, ci farò un pensierino, non so se saprò cavarmela.

Giuseppe Martella

Puoi metterci quello che vuoi, tanto è demenziale….Se la musa ti ispira, noi ti aspettiamo..

Domenica Ti

Ok, ok, sul demenziale ci sto!

Giuseppe Martella

Con questa compagnia lieto e gioioso
d’altri animali il Bruco si diletta,
essendo presso a l’ora c’a riposo
la fredda notte ogni animale alletta,
vedendo il sol già basso e mezzo ascoso,
cominciò pur a strisciare con maggior fretta
intrufolandosi fra le erbe e le canne,
finché vide fumare le capanne…
Trasumanar significar per verba non si porria,
se non che di Merlino è la magia!

Domenica Ti

Sorella di Morgana e Logistilla
attraversai colonne lungo i mari
per liberare dal destino abietto
un bruco, santo bruco benedetto.
Di un’isola regina
salpai un giorno attratta dal richiamo
di un amico testardo capitano
che da un lungo corso ammaestrato
come sirena a lungo mi ha chiamato.
Mi chiese aiuto per una fattura
che sciogliere era davvero cosa dura.

Giuseppe Martella

La maga Alcina che abbiamo qui evocata,
di unirsi a noi stasera si è degnata.
Brindiamo dunque tutti quanti insieme,
che a scioglier la fattura ora ci preme.

Domenica Ti

Fattura di complessa abolizione
che già tormenta l’animo stremato
che si domanda cosa poter fare
se l’IVA far pagare o condonare!

Osvaldo Gagliani
Benvenuta, anche da parte mia,

sei gradita in questa compagnia.
Fra poco vi darò la soluzione
per dare a Merlino la giusta punizione,
e come stella che nel cielo brilla
a darci aiuto sarà la Sibilla.
E tu Domenica mi sarai accanto
per consolarmi nella gioia e nel pianto.

Domenica Ti

Osvaldo, il nome tuo mi tocca il cuore
perché mi appari come un gran signore.
Accanto ti sarò per consolarti
scacciando dai tuoi occhi lacrime e pianti.
Per dare a Merlino la punizione
Sibilla pregherò con grande ardore
per rendere al tuo impegno il giusto onore.
Tu cavaliere ardito e coraggioso,
degno esponente della compagnia,
dacci la soluzione che ti preme
per rendere più viva la nostra speme.

Piero Cristofani
Da Piero a Osvaldo e a Pino

D’esser di Calascibetta (Duca d’Albano e Barone di Mistretta) non mi sia possibile esser lo signore:
anche se piantassi la mandorla o la nocciola, come potria tra li me’ contadi e quei far poi continua
spola? Né la tua spada fatata con l’elsa di gemme tempestata, è solo per lo bon senno e per li doni
tua ti son grato ma non tentenno. Or che qui l’inverno sta arrivando, desio solo d’accender lo foco e
scaldarmi in questo loco. E rammento di te e de li tuoi amichi che a dirla ben un ti sembran
lunatichi? Rammento con gioia il sogno di stanotte e te lo vorrei raccontar pria che l’oblio se lo
inghiotte. S’era al mio desco col Martella e lo Bhuring, un cavalier tedesco di bona panza ma da lo
fare ilare e di garbata crianza, e altri amici a bere vin e a raccontar novelle, tra lazzi e risa da no star
ne’ la pelle.
Rammenti di lo Platone lo Simposio? Come allor si dialogava su un tema assai pruritosio. Anche
noi a modo nostro si volia parlar dell’eros e a lo su turno, lo Martella vestiti li panni de lo
Alchibiade aprì tosto una peposa finestrella. E presa la parola lui ci disse “In amor tutto è vero e
tutto e falso, la sola cosa che si pole dire e che ogni storia va a finire. Lo vero è proprio questo, ogni
cosa ha una fine” Poscia, come a dimostrar che in ogni assioma si cela una irriverente biscroma, lui
ebbe a dir che “sol la succosa salsiccia, divin boccone, ne ha due di fini, il birbone.” Come lo
fulmine codesta parola mi prese lo cervello e tosto io pensai, non so te, a lo mio gentil budello. E lo
Bhuring da bon pastore col calice ben colmo di vecchio liquore: “Amici, amici, brindiam, vita
nostra brevis est.” Con quel che seguì io mi toccai tosto tra lo calzone e alzai lo calice senza pensier
per l’eterna dannazione.
“Se la salsiccia ha due certi fini, l’adorata salsiccia deve pur aver due origini, cioè due principi” così
tu, come Socrate lo maieutico, pronto, caro Osvaldo tu intervenisti. “Senza indecisione la si po’
mangiare da destra e da sinistra o da sinistra e da destra, e per giunta, questo è strabiliante, che l’è
tutta bona. Anche a lo centro.”
Or ti chiedo amico mio, che senso ha questo mio sogno? All’italica politica question esso forse
rimanda? E se così l’è, sarem un dì un paese normali o piagnenti andrem a lo su funerali?
Ma è sol un sogno, su coraggio, colpa de lo bono vino che mi mena caldo a letto sotto lo mio
baldacchino.

Osvaldo Gagliani

Mio caro Piero, a volte i sogni son rivelatori,
aprono scenari in cui gli attori
non sono veri, ma agiscon mascherati.
Ciò che sognasti è premonizione,
se ne cerchiamo la giusta ragione,
è necessaria l’interpretazione.
Ora tu sai che il sogno o la follia
vanno gustati con moderazione.
Senza il governo della Ragione
non son per l’uomo la giusta compagnia.
Già in sé la vita è contraddizione,
e spesso il sogno aggiunge confusione.
E ben facesti a citare Platone,
perché è proprio questo il punto, la questione:
L’amicizia fra Socrate, Alcibiade e Agatone,
che del Convito fu l’anfitrione.
Alcibiade irruppe nell’agone
ebbro di vino, di furor concitato,
poiché Agatone non l’aveva invitato,
non per amore di Filosofia
ma accecato dalla gelosia.
Giacché Socrate nella sua doppiezza,
(il Vero è sempre nel paradosso),
s’era invaghito del giovane Agatone,
trascurando di cure e di affetto
Alcibiade, che prima fu l’alunno prediletto.
Ma se Socrate espiò con la cicuta
la sua malcelata ipocrisia,
ora è opportuno che io dica la mia:
noi siamo attori nella fantasia,
siamo gli autori di un vago poemetto,
i creatori di una messinscena
per colorare la noia e la pena.
Ciò che rimane punto fermo e vero,
che ci fa dono di sana letizia
è il nostro Eros, la nostra amicizia.
Ché non è mistero, ricordi?
Fino dai tempi del muretto, ad ogni incomprensione,
ad un possibil difetto, tosto si riparava
con impetuoso affetto.
Fuori di scena, nella vita vera,
riceverai sempre il mio rispetto,
accoglienza ed amore sincero,
com’è dovuto all’amico prediletto,
sulla scena Fagiano, ma nella vita Piero.

Giuseppe Martella

Or che ripenso di Osvaldo al commento
che fece del Convito di Platone,
mi viene sottopelle lo sgomento

di come io mai possa vincer la tenzone
se non con qualche colpo a tradimento
con questo cavaliere nell’agone.
Perché io voglio dire in fede mia
che come questi mai nessuno sia.
E sia per questo sia per quello od altro,
mi frulla un brutto scherzo nel cervello,
che sia un poco stupido e un po’ scaltro,
che sia Fagiano o che sia un altro uccello,
io lo darò ben presto in pasto al nano,
e lui saprà di certo cosa farne,
forse lacerto o forse un’altra carne.

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