La nostra reale natura è la costante che sostiene lo spettacolo sempre mutevole dei mondi. Ma questo continuum è individuale o universale? Personale o impersonale? Molteplice o Uno?
Sullo schermo immutabile della Consapevolezza le ere si susseguono, nel loro incessante fluire e rifluire. Occorre quindi che l’individuo discerna tra ciò che è sempre costante, invariabile, imperituro e quindi reale, da ciò che ha un inizio, una durata e una fine, dunque fenomenico, illusorio e irreale.
Affermare che un dato è irreale non significa dire che non esiste, ma solo che è mutevole, fugace, impermanente: un istante di sogno nell’eternità.
Esiste una “via di ritorno” – intesa come risalita in noi stessi – negli strati più sottili e rarefatti della manifestazione? Conoscere sé stessi vuol dire conoscere la manifestazione nella sua interezza per riconoscere la propria reale natura.
Il respiro dell’Assoluto percorre interamente l’albero della vita: il flusso espiratorio – la manifestazione – è il percorso che va dall’unità alla molteplicità. È la via di condensazione dei nomi e delle forme, via di manifestazione di tutti i piani di esistenza (la successione a “scendere” è divino-sottile-grossolano).
Il flusso inspiratorio invece – la “via di ritorno” – è la risalita che dal molteplice torna all’unità, all’Uno. La via di soluzione delle forme e dei nomi, di astrazione da tutte le sfere di esistenza “relativa”.
Ma la “via di ritorno” è un percorso vero e proprio oppure una presa di coscienza a ciò che si è già? Oppure questi due movimenti coesistono?
Ci sono già sufficienti elementi per sprofondare dentro noi stessi? Per scandagliare questo nostro esserci, questo nostro esistere?
Mi fermo qui. Per ora.
Federico Astel per @tantipensieri
Immagine del web