La frazione del pane perché: il richiamo all’epurazione eucaristica; il bisogno di affidarsi all’inafferrabilità delle cose, per provare ad avere in cambio la propria presenza; l’amore lanciato come bengala di una salvezza non davvero sperata: sono queste le corsie che costituiscono il labirinto della poesia di Bertelli che, tra preghiera e carne, si auto-incastra nel gioco di parole in cui le rime e le figure retoriche di suono divengono la contropartita necessaria all’eco del vuoto, avvertito prepotentemente dall’autore. La perizia nella costruzione del verso è la lama in bilico sull’accordarsi o no un’altra possibilità, quella definitiva: esiste una poesia, un dio, un amore capace di darcela? O siamo noi, forse, ad avere ancora quel manico tra le mani?
Accoglimi perché sia mensa,
almeno l’acqua e il pane prima dell’impasto;
cancellami per farmi niente,
bruciami d’amore prima e dopo l’amen
pronunciato sul tuo corpo
e tienimi in ginocchio, perdona le mie mani
che non hanno tatto al tocco del tuo corpo:
che io mi sciolga in bocca e tu mi deglutisca;
partisci l’assoluta mia mancanza di presenza
e prima che raggiunga il fine mio d’amarti,
sia quello tuo d’amarmi:
tu che dentro me mi salvi.