Sono nato a Palermo. Nel centro di Palermo. Nel cuore di Palermo. Ma non ci ho vissuto nemmeno per un istante. Vivo in collina, a 10 minuti dalla città in quella che negli anni 80 era denominata la conca d’oro. Agrumeti a perdita d’occhio, campagne in cui si trovavano alberi di ogni tipo, in cui c’era la pace. Lontano, quel tanto che basta per non farsi congestionare dalle bizzarrie della città.
Negli anni 70 la borgata era molto piccola. Tant’è che molti nobilotti dell’aristocrazia palermitana avevano deciso di erigere ville monumentali per trascorrere le vacanze estive. “A terra di don Paolino Bontà”, rappresentante della vecchia cosa nostra e padre di Stefano (chi ha visto il traditore con Favino che interpreta Buscetta, sa che il film inizia in una villa di proprietà del Bontate). Villagrazia di Palermo, si chiama. Un tempo era divisa in enormi fondi appartenenti a 3 famiglie di nobili decaduti. In uno di questi abito io. Ambiente variegato, estrazione varia.
Chi mi conosce lo sa. Amo definirmi di borgata con profonda umiltà, nonostante abbia frequentato volente o nolente la Palermo bene. Abbia lavorato a Roma, Milano e in tanti altri posti, sarò sempre di Villagrazia. Quello che sono lo devo anche a questa terra, a questa borgata che mi ha insegnato tanto.
Oggi molte cose sono cambiate. Molte cose, ma non tutte. Conosco tutti, tutti conoscono me. Da un’inflessione di voce, da un movimento della palpebra, io ho già capito. Non mi serve altro.
Capita che ieri sera avevo gente a cena. Capita pure che il pescivendolo mi aveva procurato delle seppie meravigliose. Ogni seppia con il suo “nivuro”, con il suo nero. Riso con nero di seppia con ricotta e prezzemolo. È automatico, non c’è bisogno nemmeno di pensarci. Piatto semplice da preparare, a patto che ci sia la pasta d acciughe. Altrimenti lascia stare.
Qualcuno mi fa notare che mancava il pane. “Minchia il pane, vero è”. Mi precipito in macchina dal mio amico panettiere che chiamano l’anatreddu (piccolo anatra). Ore 20:00 so che c’è pane caldo. A cavallo, sono.
“ + Santino dammi due filoni che ho gente a cena. Due di questi caldi caldi…”
– “ Mi devi scusare ma questi non te li posso dare…tutti questi non ti posso dare. Scusami. Sono mortificato…maaaa sta venendo…
+ “ Fermati qua. Non ti preoccupare mi prendo 4 spighe e semu a pace..”!
– “non c’è niente da fare…si sempre u miegghiu i tutti…”.
Certe cose non cambiano mai.
Manfredipuobastare guest di @tantipensieri
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