Insoluzioni perché: l’amore resta, nella sua esplosione, nel suo godimento, nel suo cambiamento e nel suo estinguersi, fonte perennemente foriera di ispirazione e riflessione; in questa triade poetica, Francesco Destro rende il sentimento amoroso la corda tesa dell’arco pronto a scoccare la sua freccia, quella della vita, che assume nuove forme e si trova, ancora una volta, a confrontarsi con il senso di limite, di finitudine e infinitudine, di cui l’amore permane come la più importante cartina tornasole.
Mi chiedi perché ti amo:
da offrirti non ho che giustificazioni
che mascherano, inammissibile,
il mio “non so”.
Così per ogni affetto
inevitabile sembra essere
quell’aggrapparsi
a blande motivazioni,
quando amare – ostinarsi ad amare –
non è che infine e dal principio
atto di fede.
Che l’amore più inspiegabile
forse inizia proprio lì:
da quel voler credere
rischiando ancora tutto,
dopo i lividi sul cuore,
i fiumi divenuti secche,
ogni ateismo invocato
per non piangere
pregando ancora.
Accade che qualcosa mi dica di te:
poco importa se fantasma
di un comune pensiero
o di quel che ritenni tra il riso
e il grembo un seno perfetto.
Ma tu qui vedi un uomo senza più voce,
solo per condanna imparando
che un certo tacere può essere
la sua più grande virtù: eppure.
Per amore di te amai me stesso,
interrogandomi nel mezzo del gioco
in cui tutto si dissolve e tutto muta
– e nulla resta fedele a sé stesso.
Tra il serio e il faceto
accade allora che qualcosa mi dica di te:
l’inganno del non credere alla vita,
bensì in noi: il resto, una grande miseria
che solo attende di crollare.
Hai dunque ciò che vuoi?
A me non resta
che la stanchezza di guardarmi dentro,
smuovendo con un bastone
stracci di una coscienza rattrappita,
snidando alla stregua di un orrido insetto
la giustificazione di questa mia insistenza.
Quasi hai detto bene, a quel tavolino:
in verità, per esperienza, a malincuore
non attendo che la fine di ogni bellezza,
tra l’atto e il pensiero scoprendo
un rinnovato mio essere impreparato.
Ho dunque avuto ciò che volevo?
A me non resta
che il dolore di guardarmi indietro,
esorcismi per questa mia esistenza,
voci sottopelle impossibili da espellere,
giorno dopo giorno nell’attesa
di tornare finalmente a vivere.