Raccolgo le mie cose, ne faccio un bel sacco, comprimo ragione e sentimento, ripongo tutto in valigia.
Qualcosa però non ci sta, nonostante gli sforzi, la valigia è troppo piccola per contenere un peso corrispondente ad anni di vita.
Mi incazzo, svuoto tutto, riparto, provo incastri differenti, ripeto la procedura più volte. Niente, inutile.
Devo scremare, forzatamente, dolorosamente.
Che fare? Non lo so, il carico aumenta con lacrime versate, copiose, impregnano tutto, rendendo la situazione più pesante, inscindibile.
Penso, rifletto, mi calmo, quantomeno ci provo, non ci riesco, ne ero certo. Ripeto i passaggi all’infinito, sfiorando i limiti della ragione, oltrepassandoli, non mi importa.
Parto dai margini, offuscati dal passare del tempo appaiono già sbiaditi, appannati, facilitandone l’abbandono.
Non è sufficiente, la massa non si riduce.
Taglio i litigi, le urla, la sofferenza, lo star male, non mi serviranno in futuro, non mi hanno fatto bene in passato.
E’ indolore abbandonare certi ricordi, li lascio cadere per strada non preoccupandomi di fasciarli con cura, per contrappasso stavolta saranno loro a farsi male, non io.
Si sgretolano all’impatto, cocci schizzano qua e là come palline di un flipper.
La valigia, quasi si chiude, focalizzo l’attenzione ora su tutto ciò che futilmente gravitava attorno a noi, elimino anche quello, lasciando intonso tutto ciò che era “il nostro mondo”.
Posso andar via, adesso, con il cuore a brandelli e la mente logora, nella valigia porterò con me tutto quello che siamo stati, per riviverlo ancora ogni volta che sentirò il tuo nome.
Ivanzena976
Foto: dal web