La moto saliva leggera sulle curve della strada di montagna. Il panorama era stupendo da lassù , tutta la vallata sotto gli occhi e giù in fondo l’agglomerato della città. Un breve tratto ancora e si sarebbe scorto il mare dall’altra parte del valico.
Enea faceva spesso questo percorso. Amava salire da solo sulla sua moto e andare dove lo portava l’istinto, a seconda dell’umore. Aveva un attaccamento morboso verso il mezzo. Ai suoi amici, che spesso lo sfottevano per questo, reclamando a vuoto la sua presenza, rispondeva che la sua moto era come una donna, come un’amante, che va trattata bene, curata, accarezzata dolcemente, per poterla poi spingere al massimo senza mai rimanere delusi.
Ma quella mattina era un giorno speciale. Solo ventiquattrore ore prima non avrebbe mai immaginato. Dietro di lui era seduta Francesca.
Francesca era una sua collega. Entrambi dipendenti di una importante multinazionale, lavoravano nello stesso edificio, ma in due piani diversi. Lui grafico e lei una delle addette ai rapporti con i clienti. Si erano anche incrociati qualche volta nell’ingresso principale, ma Enea aveva solo notato che era longilinea e aveva un bel visetto, ma la ‘puzza al naso’. Quanto si sbagliava! Una mattina, il grande capo lo aveva mandato a chiamare e, una volta giunto nell’ufficio, si era trovato difronte anche lei. Dovevano lavorare insieme a un nuovo progetto. Li aveva liquidati con poche asciutte indicazioni e quattro settimane di tempo.
I primi giorni erano stati difficili. Diffidenti l’uno verso l’altra, entrambi due caratterini coi fiocchi. Non facevano altro che discutere. Poi le cose pian piano si erano aggiustate e avevano raggiunto un’ottima intesa, per fortuna. Enea si era accorto che l’atteggiamento sostenuto di lei era solo una facciata, una sorta di difesa e aveva cominciato a guardarla con occhi diversi. Finito il lavoro, con i complimenti del capo, giusto una settimana prima, erano tornati ognuno nel proprio ufficio e, già dopo un paio di giorni, lei, inaspettatamente, gli mancava come l’aria. La settimana era passata velocemente, fino al sabato. Si sposava un collega ed erano invitati tutti e due.
Enea si era preparato con cura, e con cura si era sistemato la corta barba, mai portata, ma lei aveva detto che gli stava bene… e barba sia! Arrivato nell’antica villa, location della cerimonia, subito l’aveva scorta tra gli invitati. Bellissima, in un abito lungo, che le lasciava tutta la schiena nuda, niente reggiseno. La poca brezza glielo stampava addosso, lasciando ben poco all’immaginazione e… poi c’era quel deficiente del collega Busini che non la mollava! Si era imposto pazienza, in attesa di un momento favorevole. Dopo il rito civile la cena fredda servita nel parco. Enea era partito spedito verso di lei, ma era stato battuto sul tempo, da Busini! Ma quello che lo aveva fatto infuriare era stato il sorriso amabile di lei nei confronti del deficiente! Con la rabbia in corpo e il bicchiere del prosecco in mano aveva bruscamente virato verso la terrazza. Se ne sarebbe andato!
E si era girato per andarsene, quando l’aveva vista venire verso di lui, camminando leggera ed elegante, con quell’ancheggiare tipicamente femminile provocato dai tacchi.
– Perché non sei venuto a salvarmi?
– Non mi è sembrato che volessi essere salvata, anzi… – gli aveva risposto acido.
Lei lo aveva guardato fisso negli occhi, gli aveva preso il bicchiere dalla mano, aveva bevuto e glielo aveva restituito, ruotandolo.
– Bevi anche tu un sorso – gli aveva detto. Voleva che mettesse le labbra dove le aveva messe lei. Enea aveva agito d’impulso. L’aveva attirata a sé, afferrandole letteralmente la nuca e le aveva dato un bacio quasi con prepotenza. In frazioni di secondi, aveva sentito le diverse reazioni di lei. Prima rigida e poi docile, sempre più docile e infine, aggressiva, le aveva infilato le mani tra la camicia e la giacca, stingendogli i fianchi fino a fargli sentire le unghie. Il cuore gli cantava vittoria. L’aveva abbracciata stretta. Voleva bearsi di lei. Si era sentito addosso tutto suo il corpo morbido. Aveva toccato la sua schiena calda, scivolando con le mani sui suoi fianchi; immaginato il contatto delle braccia nude di lei sulla sua pelle; sentito il suo profumo; sfiorato con le labbra i suoi capelli raccolti, il suo collo, le sue spalle e giù lungo le braccia…
– Voglio che tu sia roba mia – le aveva detto deciso.
E lei lo aveva stretto forte. Un momento assolutamente magico ed eccitante insieme. Il loro inizio.
Gli sposi reclamavano gli invitati per le foto, la serata era quasi giunta al termine e lui le aveva proposto, per il giorno dopo, un giro sulla sua moto. Era andata così.
E ora Francesca era dietro di lui, tutta per lui. Ogni tanto sentiva le sue mani che lo accarezzavano sulla schiena, sui fianchi. Intravedeva con la coda dell’occhio le sue ginocchia e immaginava la pelle vellutata delle sue gambe sotto i jeans. Guidava la moto e la sua mente vagava tra i ricordi della serata passata e i progetti per quella a venire. E non aveva nessuna intenzione di riportarla a casa a fine giornata.
@borghettana per @tantipensieri
Immagine dal web