In qualche modo siamo tutti proiettati contro questo ostinato muro di idee, un paraocchi che ci porta a vedere nell’amore la stessa forma, ripetuta e spesso un po’ sofferta, di rapporto. Come se poi non ne esistessero altre forme, altrettanto valide. Di amore parlo poco, molto poco. Mi piace parlare però di amorevolezza, in senso lato. E di quella penso di conoscerne varie sfaccettature, forse perché di quell’amore di cui parlano continuamente libri, film e serie tv non ne ho conosciuto molto. L’amorevolezza è prendersi cura l’uno dell’altro, in modo delicato, quasi timoroso. Un non voler disturbare, pur restando presenti. E non servono libri quando lo si può leggere nei messaggi della buonanotte, nei programmi che in qualche modo ci includono, in quelle frasi lasciate lì un po’ per caso un po’ per volere dell’inconscio perché “quel film potrebbe piacerti e allora dai, ricordamelo quando esce, così ti porto a vederlo”. L’amorevolezza si ascolta in quella canzone che non posso fare a meno di farti sentire e nella voce di un messaggio registrato,anche di corsa. L’amorevolezza si sente nel sostegno di chi, in noi, ci crede sempre anche quando siamo i primi a non riuscire a farlo, anche quando c’è ben poco da crederci. E poi l’amorevolezza è fatta di chi continua a conoscerci e prova a farlo anche quando siamo di pessimo umore e non riusciamo a parlare. E l’amorevolezza non la puoi spiegare in duecento pagine, né in poche puntate. L’amorevolezza è un legame, un abbraccio quando meno te l’aspetti e qualche volta, l’amorevolezza è anche fatto di strani silenzi che in mezzo anche al rumore di chi dice di amarti senti solo Tu.
@Italicuss per @tantipensieri
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