Eredità d’amore

27/06/2016

Io Valerio l’amo, per quel suo starmi vicino in questi momenti crudeli. Per accompagnarmi silenziosamente in questo viaggio a termine. Non gliel’ho mai detto, di amarlo, ma lui l’ha capito. Anche lui mi vuole bene, e me lo dice sempre, anche se sono certa che vorrebbe dirmi di più, ma sono contenta che non lo faccia, sarebbe sprecato.

 29/06/2016

Io Marco l’amo, sì, lo so, ho già detto di amare Valerio, ma a questo punto cosa conta, non ne posso amare due? Lo amo per il suo non rinunciare, per quella sua voglia di lottare al mio fianco, per la forza che ci mette nel sorreggermi, per la paura che ha di dover percorrere la vita senza di essere consigliato da me. Anche lui non lo dice, ma so che mi ama.

 Marta rimise i due foglietti nel diario. Aprì il piccolo baule verde, lo collocò sopra le lettere scritte a Valerio e a Marco e mai spedite loro; vicino ai vinili che lei amava di più, quelli che facevano da colonna sonora per le chiacchierate al telefono. Rimise sopra gli oggetti vari, qualche piccolo peluche, scatoline raccolte nei suoi viaggi, piccoli specchi, le tanto care penne con le quali lei scriveva.

Nel diario c’erano i pensieri di Giulia degli ultimi mesi, le sue considerazioni sulla vita, sulla malattia, sui suoi due amici, su di lei, l’amica del cuore ed esecutrice testamentaria, in particolare di quei pensieri liberi, liberi da urgenze, da necessità. Pensieri da consegnare al futuro.

 *****

Li vedeva, al tavolino del bar, li stava osservando da diversi minuti, nascosta dal via vai delle persone che percorrevano il Corso, quel sabato pomeriggio di shopping.

Erano seduti abbastanza vicini, quasi di fianco, rivolti verso il passeggiare della gente, in modo da poterla scorgere subito per togliersi dall’imbarazzo di dover scambiare parole di circostanza.

Chissà, si domandava, se avevano già affrontato il discorso, chi avrebbe preso il tesoro di Giulia. Li vedeva ancora abbastanza tranquilli, probabilmente si erano limitati a parlare del più e del meno, al massimo di quanto era bella Giulia, anche nella malattia, nel dolore che la stava soffocando. Una bellezza che traspariva dal suo linguaggio che diventava a volte monosillabico, perché in realtà non si erano mai visti se non in fotografia.

La malattia l’aveva cambiata, non era più quel sergente di ferro capace di mettere in riga chiunque con la dialettica o con un’alzata di sopracciglio. Era uscita in lei una dolcezza inaspettata, anche per Marta che la conosceva da sempre; una dolcezza repressa ed espressa poi anche con esagerazione, come per regalare al mondo l’enorme ricchezza che aveva accumulato.

Una dolcezza che intendeva spendere, dilapidare, regalare in poco tempo, per recuperare quello perduto. Prima di partire per quel viaggio della speranza dall’altra parte dell’oceano, sebbene fosse certa che nessun medico sarebbe stato in grado di salvarla.

Si avvicinò, era l’ora, anche se le tremavano un poco le gambe, ma l’aveva promesso alla sua amica, non poteva più tornare indietro, anche se avesse voluto con tutte le sue forze.

  • Ciao ragazzi, io sono Marta, ciao Marco, ciao Valerio.

I due uomini si alzarono, le dettero la mano, risposero al saluto. Valerio accennò anche a un abbraccio che Marta con naturalezza riuscì a evitare mettendosi seduta, per mantenere con entrambi lo stesso distacco.

  • Prendo anch’io uno spritz.

Marco con un cenno ordinò tre spritz, senza chiedere nulla a Valerio, alzando tre dita verso il cameriere che lo guardava.

  • Siamo qui, disse sospirando Marta.
  • Sembra incredibile, aggiunse Marco.
  • È bello poter parlare insieme di una persona che amiamo, commentò Valerio.
  • Sì, una persona che amiamo, hai detto bene, perché lei è tra noi, precisò Marta.

Ora che dico, come inizio, pensò Marta, sebbene mi sono preparata a questo incontro non so proprio come attaccare. Approccio diretto, come avrebbe fatto lei…

  • Ragazzi, non voglio girarci intorno troppo. Sapete delle cose e dei pensieri della nostra amica Giulia; il diario, quello che ha scritto incessantemente negli ultimi mesi della sua vita. Pensieri liberi da ogni remora, limitazione, vincolo. Pensieri belli, tristi, anche semplici, ma che esprimevano la sua gioia di vivere, di vivere ancora un po’, sapendo benissimo quale sarebbe stato il suo destino.
  • Un destino che ho condiviso, standole vicino, disse Marco.
  • Io l’ho accompagnata come potevo, aggiunse Valerio.
  • Io c’ero, sempre, per lei. Precisò Marco.
  • Anch’io, giorno e notte.
  • Io le ho fornito la serenità di cui aveva bisogno.
  • Io la forza necessaria per arrivare al porto certo.
  • Ragazzi, questa non è una gara a chi è stato più vicino a Giulia – li interruppe Marta prima che la cosa diventasse ingestibile -, sapete benissimo che vi adorava entrambi, e non vi ha mai nascosto l’amicizia con l’altro.
  • È vero, mi amava anche, disse Valerio.
  • Che dici? Amava me!, urlò Marco alzandosi in piedi e dando palesi segni d’insofferenza, fino a quel momento probabilmente ben celati.
  • Calma, calma. Amava entrambi, ciascuno di voi per un motivo diverso.

L’arrivo del cameriere contribuì a smorzare la tensione.

  • Forse era amicizia, non si possono amare due persone contemporaneamente, affetto, vicinanza, chiamala come vuoi, quella per Marco intendo, Valerio pensò così di giocare all’attacco, nascondendosi dietro un sorso dell’aperitivo.
  • Caro, non credo proprio, che ne sai tu di tutte le nostre chiacchiere notturne, quando la solitudine, la lontananza di una carezza, dal tenersi la mano, fanno più male?, Marco rispose con un perfetto contropiede, ancora con la bocca piena di patatine maciullate.
  • Che ne so? Lo so eccome, perché pensi che quelle di giorno, dove io ero sempre presente e tu no, non contino nulla?
  • Ragazzi, ragazzi, smettetela, sembrate dei quindicenni. Siamo qui non per stabilire chi amasse, perché ve l’ho detto, amava entrambi, nella stessa misura, per motivi diversi sicuramente, ma lei era tanta, troppa, per chiunque e non poteva essere che così.

Gli uomini si guardarono con un misto di odio e compassione, certi, entrambi, che l’altro si sbagliasse.

  • E poi cosa conta – riprese Marta – chi amasse di più ora che non c’è più; serbatene il ricordo, immaginate che lei pensasse solo a ciascuno di voi, perché è così, era così che faceva. Ne ho le prove.
  • Le prove?, chiese Valerio.
  • Sì, le ho qui, in auto, affermò Marta. I pensieri che ha scritto negli ultimi tempi, brevi, alcuni lunghi, altri in forma di lista, come quella della spesa. Alcune sono lettere, altri piccole poesie a versi sciolti. In ciascuna c’è un pensiero sull’amicizia, sulla presenza, sull’amore. Non sono ragionamenti assoluti, sembrano indirizzati a voi. E poi il suo diario, dischi, oggetti vari a lei cari. Mi ha chiesto di darli a voi. A voi che le siete stati accanto.
  • A noi?, dissero gli uomini quasi in coro.
  • Sì, a voi; parecchi scritti sono lettere che non vi ha mai spedito, altri appunti per una conversazione, una confessione, qualcosa che avrebbe voluto dirvi a quattr’occhi, al telefono, ma poi non ha avuto il coraggio di fare, me lo ha detto lei, e quando si era finalmente decisa, il suo tempo stava per finire e capì che sarebbe stato inutile.
  • Le voglio leggere, disse Marco.
  • Anch’io. Voglio toccare le cose che le erano care.
  • Ragazzi, io ho il compito di darle a uno di voi, solo a uno, poi sono affari vostri, se volete dividerle fate voi. Era questa la volontà di Giulia.
  • Che senso ha questo, chiese Marco.
  • Sì, anch’io non ne capisco l’utilità. Se ci amava entrambi perché a uno solo? Come deciderai?

Marta era in difficoltà, si era preparata molto a questa domanda, aveva provato a trovare delle motivazioni plausibili, ma non ce n’erano. Giulia aveva espresso questa strana volontà nelle ultime ore, con un filo di voce, senza dare spiegazioni. Lei non se l’era sentita di chiederle i motivi, non era quella la priorità del momento, Giulia si stava spegnendo, lei stava perdendo la sua migliore amica. Risolse di nuovo per un approccio pragmatico.

  • Lei ha deciso così, non so cosa avesse in testa. Ha lasciato a me l’ingrato compito, reso più gravoso dal fatto che più volte ha detto che vi voleva bene in egual misura. Senza mai mostrare o indicare preferenze. Credo intendesse dire, mi fido del tuo istinto, saprai scegliere per il meglio.
  • Questo non ha senso. Se tu hai letto gli scritti saprai sicuramente a chi darli?, ora Marco aveva perduto il proprio aplomb.
  • Infatti, quindi non ho dubbi che li darai a me. Avrai letto sicuramente che ciò che ci univa era unico, argomentò Valerio.
  • Che cazzo stai dicendo, lei amava me.
  • Deficiente di un manichino, pupazzo di merda, che ne sai tu di quel che mi diceva, Valerio si alzò minaccioso, il suo fisico metteva paura di suo, ora che si ergeva sopra il minuto Marco.
  • Baaasta, che figura di merda stiamo facendo qui in pubblico. Siediti tu, moderate il linguaggio entrambi, altrimenti me ne vado e vi lascio a bocca asciutta.

I due uomini guardarono chi il cielo, chi il passaggio delle persone.

Marta li scrutò ma loro, pur consapevoli, non volsero lo sguardo. Allora si disse che era una battaglia perduta, che loro invece di celebrare una persona che hanno amato la stavano uccidendo di nuovo negando la sua volontà. La sua volontà di amarli entrambi. Di essere amata da entrambi.

  • Vado in macchina, vado a prendere il baule, disse avviandosi verso il parcheggio dall’altra parte della strada.

I due uomini continuando ad ignorarsi guardavano fisso verso Marta, la videro ferma sul marciapiede opposto in attesa di attraversare; in braccio il baule, piuttosto ingombrante, un uomo le si avvicinò, probabilmente chiedendole se avesse bisogno di aiuto, lei con un cenno e un sorriso disse di no.

Fu allora che comprese; comprese la scelta apparentemente assurda di Giulia. Voleva che il loro amore, a due a due, così come lo aveva praticato in vita, proseguisse anche dopo la sua morte. Dare i suoi scritti e i suoi oggetti a uno dei due avrebbe significato metterli l’uno contro l’altro, lei questo non lo voleva, perché li amava entrambi, profondamente.

Giulia voleva solo che ciascuno serbasse di lei un ricordo unico, indimenticabile.

Il flusso di auto divenne caotico a causa del compattatore della Nettezza Urbana che si era fermato proprio davanti a Marta.

I due uomini fremevano, erano seduti ormai sul bordo della sedia, pronti per un gesto cavalleresco, andare ad aiutare Marta; in realtà era solo il desiderio di impossessarsi per primo del baule.

Videro Marta attraversare la strada con le mani libere, accennando un saluto al camion, un saluto di ringraziamento per averle tolto il peso di una scelta difficile.

Chissà se era riuscita a capire le ultime volontà di Giulia? Era certa di sì.

Sthepezz (@Cinte27513375) per @tantipensieri

(I giocatori di carte Paul Cèzanne – immagine dal web)

 

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