Linus era andato a letto presto quella sera perché si sentiva stanco e aveva freddo. I brividi lo costrinsero a raggomitolarsi ancora di più tra le coperte. Era sicuro che stesse per salirgli la febbre, si sentiva male. Subito si addormentò ma un rumore proveniente dal corridoio lo fece destare subito. Sentiva la testa girare e non sapeva se quel rumore fosse stato realtà o immaginazione. La maglia intima era tutta fradicia di sudore, aveva caldissimo, capi di avere la febbre molto alta. Decise di prendersi un’aspirina per combattere quel malessere e provò a scendere dal letto. Non appena mise a terra i piedi e provò ad alzarsi, ebbe un giramento di testa e si distese di nuovo appoggiando la testa sul cuscino e chiuse gli occhi. Respirava a fatica, pensò di avere la febbre a 40. Guardò la sveglia sul comodino: erano le 2:30. Per fortuna aveva lasciato a Emma le chiavi di casa sua, la sua cara amica le aveva promesso di passare e di portare i croissant al cioccolato che gli piacevano tanto. Un brontolio proveniente dalla stomaco gli ricordo’ che non aveva mangiato ma di alzarsi non ne aveva la minima idea poiché le forze gli mancavano.
Di nuovo un rumore, proveniente dal bagno adiacente la camera, catturo’ la sua attenzione. Guardò verso la porta e gli sembrò di vedere un’ ombra, chiuse e riaprì gli occhi velocemente per mettere a fuoco l’immagine e l’ombra era ancora lì. “Chi c’è?” Cercò di urlare ma gli uscì solo un labile lamento. L’ombra gli si avvicinò piano piano, Linus provò ad alzarsi ma non aveva forza nelle gambe. L’ombra gli si mise davanti, lo prese per un braccio e lo aiutò ad alzarsi. Linus fece per aprire bocca ma l’ ombra scura gli tappo’ la bocca e lo guidò in bagno. Linus si lasciava guidare come un automa. Vide la vasca piena d’acqua e fece per ribellarsi ma l’altro era più forte e lo immerse. Linus si rese conto che non voleva affogarlo perché l’acqua era poca ma non riusciva a capire cosa ci facesse in quella vasca col pigiama e chi fosse quell’uomo. ‘Forse è solo un sogno, devo svegliarmi’, si disse. Poi vide l’altro prendere il fono, attaccarlo alla corrente e avvicinarsi a lui. Fu in quel momento che Linus capì che era giunta la sua ora, accadde tutto velocemente.
L’ombra girò le spalle e si dileguò nella notte.
Emma era arrivata a casa di Linus prima del previsto. In una mano aveva il mazzo di chiavi, nell’altra il sacchetto con le brioche. Aprì la porta e chiamò ‘Linus’ ad alta voce, non ricevendo risposta si recò in camera ma la stanza era vuota. La porta del bagno era socchiusa, si avvicinò e la spalancò piano piano, la busta con i croissant le cadde dalle mani, iniziò a gridare e corse via.
Era trascorsa una settimana da quando aveva visto il corpo di Linus senza vita; si era suicidato, nessun colpevole era stato trovato, nessun uomo indagato. Lei non riusciva a credere che il suo migliore amico si fosse tolto la vita, stava trascorrendo un periodo difficile perché era senza lavoro ma non gli era sembrato cosi disperato da lasciar presagire un gesto simile. Aveva sempre il suo volto davanti agli occhi, il suo sorriso, la sua ironia. A volte scoppiava a piangere all’ improvviso o si svegliava urlando nel cuore della notte. Forse perché in cuor suo sapeva che avrebbe continuato ad amarlo in silenzio e a rispettare la sua memoria. Sorrise pensando al suo legame con Linus, lei lo amava tanto mentre lui la considerava solo un’amica, glielo aveva ripetuto tante volte. Lei aveva però sempre sperato in un suo cambiamento, gli diceva scherzando : finché c’è vita c’è speranza e ormai le speranze non c’erano più. Immersa nei suoi pensieri, fece un sussulto quando sentì il citofono. Era in vestaglia, i capelli spettinati, ancora non si era fatta la doccia. Era indecisa se rispondere o meno, erano solo le 9 di domenica mattina. Poi la curiosità ebbe il sopravvento. Era solo Max, il caro Max, il migliore amico di Linus ed anche un caro amico suo. Lo fece accomodare in salotto e gli offrì il caffè, dopo si congedò per 5 minuti, il tempo di una doccia e di vestirsi. Amava la doccia calda, amava sentire la pelle bruciare sotto il getto d’acqua. Uscì dalla doccia e mise l’accappatoio. Il vapore aveva appannato tutti i vetri, con un braccio asciugò quello dello specchio sul lavandino. Il vetro riflesse una figura alle sue spalle e si girò di scatto, urtando il portasapone di vetro che si frantumò. “Max che ci fai qui in bagno”? Lui la guardava strano ed Emma si sentì a disagio. Si strinse ancora di piu nell’ accappatoio, non si era mai sentita cosi indifesa. “Max tutto ok, la tv non va?”. Ancora nessuna risposta. Max si avvicinò e la abbracciò. “Max ma cosa ti prende, cosa stai facendo”? “Emma lo sai che ho da sempre un debole per te”?la voce era bassa e roca. “Ma cosa dici, per favore esco da qui” gli ordinò indicandogli la porta. Max non si mosse di un centimetro, a lasciare la stanza fu Emma che si spostò in camera chiudendo la porta a chiave. Si vestì in fretta riflettendo su quanto era appena accaduto, a volte avevano notato gli sguardi languidi di Max ma non gli aveva mai dato peso né aveva incoraggiato in qualche modo questa sua infatuazione. Doveva palare con lui, il suo atteggiamento non le era piaciuto per nulla. Lo trovò accanto alla finestra che guardava fuori, la mano destra aggrappata alla tenda rendeva palese tutta la tensione del momento. “Max”, chiamò. Lui non si girò e continuò a guardare fuori, come se lei non ci fosse. “Max”, chiamò di nuovo, si girò lentamente, gli occhi si incrociarono. Max aveva gli occhi rossi dal quale fuoriuscivano scintille, era arrabbiato. Le prese una ciocca di capelli e strinse forte attirandosela al petto, ispirò il profumo dei suoi capelli. “Max ti prego” disse ponendo con le mani una distanza tra loro. “Ti prego cosa? Che c’è di male se ti abbraccio forte, se ti stringo a me”! “Sai benissimo a chi sono legata”, esplose Emma allontanandosi ancora di più. “Linus è morto, non tornerà più, non era il tuo ragazzo e tu non sei la sua vedova”. “Era l’uomo che amavo” disse lei piano riflettendo su quanto fosse vero quello che Max le aveva ricordato. Iniziò a piangere lentamente e si sentì una stupida. Max a quella reazione tirò un calcio ad una sedia che volò via finendo sul televisore che cadde a terra facendo un fracasso infernale. Emma, spaventata da quella reazione inaspettata, si rifugiò in camera sua chiudendo la porta a chiave alle sue spalle. “Apri questa porta”, urlava Max dall’altra parte tirando dei pugni. Emma, appoggiata alla porta, ad ogni colpo sentiva un fremito lungo tutto il corpo, “Max cosa ti succede? lasciami stare per favore” ormai le lacrime scorrevano come un fiume in piena. Si allontanò per prendere il cordless sul comodino e chiedere aiuto ma aveva pigiato solo il primo numero quando la porta si spalancò a seguito di un calcio. Max la raggiunse e sdradicò il cordless dal muro. Le strinse la corda del telefono intorno al collo e si avvicinò al suo orecchio. “Pensavo che una volta ucciso il rivale saresti stata mia, visto che non è cosi, avrò piacere a mandarti da lui, cosi almeno mi sarai grato “. Quella rivelazione la sconvolse, sentì sempre piu il respiro venirle meno, decise di arrendersi e di andare incontro al suo destino.
Il respiro le sembrò tornare regolare, iniziò a tossire, sentiva delle voci ma non riusciva a distinguerle, una le sembrò quella della sua vicina di casa. Si sentì distesa su una lettiga, poi il suono della sirena dell’ambulanza, era in un dormiveglia continuo ma almeno aveva la certezza di essere ancora viva. Una mano rugosa strinse la sua, era quella della sua vicina. Si girò verso di lei e la guardò senza parlare, la vicina le disse: ” Va tutto bene cara, ho sentito dei rumori e ho chiamato la polizia che è intervenuta subito. Ora stiamo andando in ospedale, Max è stato portato in caserma, stai tranquilla”. Tranquilla, pensò Emma, dopo quello che Max le aveva rivelato non sarebbe mai più stata tranquilla almeno fino quando la verità non sarebbe stata scoperta e lei avrebbe reso giustizia a Linus, di questo ne era sicura!
The end
Giovanna Viola alias @GViola16
Immagine presa dal web