Era trascorsa un’estate fantastica. La prima dopo tante altre trascorse nell’alternarsi a studiare in preparazione degli esami universitari, da sostenere in autunno; e quando era toccato loro di vedersi solo nei torridi weekend di luglio e agosto, giusto il tempo per trascorrere le poche ore serali al piano-bar, lasciandosi andare alla libertà dell’ascolto di buona musica e di baci passionali, sognando e progettando insieme il loro avvenire, proiettando le loro vite verso mete più comuni, condivise.
Avevano terminato in primavera i loro studi, più o meno insieme. E, prima di verificare opportunità di inserimento nel mondo del lavoro, avevano voluto vivere quei mesi successivi finalmente divertendosi un po’, spensierati. Si poteva festeggiare anche un evento atteso, desiderato da alcuni anni. Finalmente Francesco aveva avuto la tanto sospirata moto, la sua bramata Harley-Davidson Dyna, uscita proprio quell’anno, il ’91. Gliel’avevano regalata i suoi, nell’occasione della sua laurea. Si era nel mese di giugno, ma lui non aveva ancora voluto uscirci (in realtà solo qualche giro per il paese). Voleva inaugurare come si deve la sua moto solo uscendo insieme al suo amore, la sua bella Roberta.
Quell’estate, però, era destinata a segnare le loro sorti.
Quel 6 di agosto, iniziò con un cielo limpido, che sbucava dalla finestra socchiusa mentra già lasciava intravedere il bagliore dell’alba; per Francesco uno stupendo risveglio, subito trepidante per dover viaggiare un centinaio di chilometri e raggiungere Roberta, per la prima colazione. Notte insonne anche per lei. L’aveva trascorsa a leggere le stelle, lì sulla riva del mare di Calabria. Già immaginandosi insieme a lui, vagando in moto, spensierata e sognante, il giorno dopo.
Non ci fu grande tempo per fermarsi davanti a un fumante cappuccino, avvolti nella fragranza di un caldo cornetto. Fu un fugace mordi e fuggi. Non vedevano l’ora di ripartire, su quella moto che li avrebbe condotti su un nuovo lido, a qualche centinaio di chilometri più oltre. Francesco e Roberta, finalmente soli. A godersi le onde di quel mare d’agosto, a immergervisi dentro, quasi per rinascere, ora più che mai innamorati e decisi a sognare insieme il proprio futuro.
In quei loro momenti, però, come un presagio, uno strano presentimento che la gioia dovesse trasformarsi. Erano troppo e troppe quelle emozioni che, d’improvviso, si lasciavano cadere addosso. Tanti sguardi, tante parole dette con gli occhi e confermate da teneri baci, tenendosi le mani quasi a volere rimanere per sempre uniti così.
Avevano trascorso le ore del pranzo davanti ad un antipastino di mare, accompagnato da un bianco ghiacciato, passando poi a una fresca e abbondante tagliata di frutta. Si erano poi rifugiati ancora sulla spiaggia ampia e semideserta, a quell’ora pomeridiana. C’era il sole di agosto a distrarne i dialoghi di tanto in tanto, e l’acqua di quel mare azzurro li chiamava ogni poco a rinfrescare i loro corpi giovani e appassionati.
Giunse l’ora di porre, purtroppo, fine a quella formidabile giornata, li aspettava il viaggio di rientro e i loro amici, per un’altra interminabile notte di musica e sogni.
Roberta salì sulla moto dietro il suo uomo, abbracciata a lui, come ad un angelo, pronta per quello strano ritorno. Avrebbe voluto rimanere ancora a sognare insieme a lui, su quella spiaggia. Le sovvenne, ancora, quello strano presagio che le vibrò come un brivido sulla pelle: qualcosa le suggeriva di rimanere ancora, quasi fosse più importante per entrambi rimanere e trascorrere lì le ore serali!
Iniziarono il viaggio, lei seduta dietro, stretta a Francesco come fosse la cosa più preziosa da trattenere attaccata a sé, metaforicamente, per tutta una vita. Era piacevole sentire il vento liberarsi nei suoi capelli mentre la moto sfrecciava sicura, guidata dal ragazzo felice, lungo la litoranea. I suoi occhi di donna innamorata erano fissi verso quell’orizzonte che attendeva il sole tuffarsi placidamente nel suo mare amico. Era proprio il tramonto più bello avesse mai ammirato, sino a quel momento. “Francesco, questo sole rosso che si butta in mare, amore mio, sembriamo baciarci come loro!”
Un lampo improvviso, il buio.
E poi la luce, di nuovo, ma dopo due mesi, una luce cupa di una stanza di ospedale. Roberta si risvegliava solo allora dal coma, aprendo gli occhi e non trovando più quel sole rosso che si adagiava nel mare, baciandolo. E non trovando più nemmeno Francesco, l’amore della sua vita.
(tratto da una storia vera)
immagine dal web
@_Belcor_