Voci

Una piazza, il Bar d’angolo sotto i portici, gente che passeggia e chiacchiera mentre ci sediamo per bere quella benedetta birra che ci eravamo promessi da tempo. Intorno a noi tanti chiacchierano, chi tenendosi la mano, chi un pochino sbragato. Dal bar la musica copre leggermente le voci, è una canzone di Zucchero…

Voci di radici, di nebbia e di pioppi

Che parlano agli argini e che parlano ai matti

Voci nella testa, voci contro il tempo

Che riempiono la vita restando nel silenzio

Voci che non sento più

Voci che sai solo tu

Manca la tua voce, sai

Mama don’t cry

Mama don’t cry

Voci di ricordi, giorni da balordi

Persi nella noia di un’estate al bar

Voci all’oratorio, voci in bocca ai preti

E a suore un po’ più audaci di quelle dei presepi

Voci che non sento più

Voci che sai solo tu

Manca la tua voce, sai

Mama don’t cry

Mama don’t cry

It’s been a long time, mama non sai

It’s been a long, long time

Ooh, it’s been a hard time, mama non sai

It’s been a hard time

Sera di cera

Calami dagli occhi

La notte è chiara

E c’è chi spera

Ai piedi della sera

Voci senza nome urlate a bocca piena

Voci tempestose sognando l’altra riva

Voci di padroni che abbaiano ai tuoi sogni

Dove chi ha il guinzaglio non sono i veri cani

Voci che non hanno un suono

Che non sanno più chi sono

Manca la tua voce sai

Mama don’t cry

Mama don’t cry

Ooh, mama don’t cry

Mama don’t cry

Ooh, mama non sai

Mama don’t cry

 

 

Davide:

Ci sono voci che non dimentichi, nel bene e nel male. Te le porti dentro, addosso e a volte ritornano, risuonano in testa come se le stessi ascoltando adesso, a te non succede mai? Come la voce di mio nonno Gino che si armava di tutta la pazienza possibile e iniziava a spiegarmi ogni volta una cosa nuova sulle sue piante, su come gestire la sua piccola fattoria. E sentirlo parlare mi incantava ogni volta perché era capace di trasmettere quella saggezza contadina ad un bimbo con parole semplici. O come la voce del mio istruttore in caserma, che aveva solo due toni: o il silenzio tombale o gli urli più disumani. E né io né i miei commilitoni abbiamo mai capito se fosse peggio quando taceva o quando ci strigliava urlando come un dannato. Poi ho in mente la voce dolce e sensuale di Miriana, una delle poche persone che sia mai stata capace di farmi calmare quando il mio caratteraccio viene a galla. Lei odiava tremendamente sentir parlare Mauro, il coach della squadra di rugby per cui giocavo; diceva che aveva sempre un tono  strafottente e troppo insistente. Ma io adoravo sentire i suoi fischi da bordocampo, le sue irruzioni nella mischia con gli occhi che fiammeggiavano e la voce roca e cattiva ogni volta che sbagliavo: mi dava la carica. Poi l’inflessione sarda della mia prof di matematica, mai persa nonostante vivesse fuori dall’isola da ormai molti anni. Sapeva che tra i banchi di scuola la prendevamo un po’ in giro e a volte, quando le lezioni erano troppo pesanti, si metteva a cazzeggiare con noi usando l’autoironia come arma per farci sorridere e stemperava un po’. E io che non sono un gran frequentatore di chiesa, risento spesso la voce di quel prete, Don Giorgio, quando veniva a prenderci in piazza per portarci all’oratorio, a volte con modi un po’ rudi ma “meglio che state qui piuttosto che fuori a far casino, almeno vi posso controllare” era diventata ormai la frase che preannunciava il suo arrivo. Aveva un tono squillante, si sentiva prima ancora di vederlo… Di voci ne ho sentite molte, queste sono solo alcune di quelle che mi sono rimaste nel cuore, e credo di essere ciò che sono oggi, a distanza di tanti anni, anche grazie a loro. 

Marina:

Mi capita spesso di risentire la voce greve di mio padre, sembrava sempre serio e arrabbiato, tanto da spaventare la maggior parte degli amici, in realtà era solamente il suo timbro di voce basso e calmo, che sapeva essere impositivo nel dare indicazioni di comportamento a noi figli un pochino scatenati, ma che cambiava totalmente tono nei racconti della sua infanzia e adolescenza, di ragazzino sempre pieno di curiosità e voglia di imparare e qui si quietavano anche i pochi rimproveri, per altro giusti, giustificando a mia madre, che in fondo, dovevamo vivere la nostra età. Come dimenticare la voce della Sig.na Laura, mia insegnante di lettere, che mi spronava a leggere quei lunghi temi che dovevano far crescere la nostra fantasia: “Dai leggi ad alta voce, che se sai scrivere, devi anche farle conoscere le tue idee”. Ripeteva in continuazione e ci insegnava ad essere coerenti con i nostri pensieri, il suo motto era scandito da una vocina un po’ stridula: “Leggi, conosci, confrontati e decidi”. Strideva la sua voce, in confronto a quella dell’insegnante di musica, dal tono forte, fermo, deciso, era quel tipo di voce che imponente copre anche il suono degli strumenti, sapeva sentire la stonatura di uno solo di noi in mezzo all’intera orchestra di studenti. Le voci dei luoghi e dei ricordi, non ci crederai ma ricordo il suono della voce della mia compagna di banco alle elementari, quella ragazzina con le lentiggini e i capelli rossi con cui dividevamo tutto e combinavamo di tutto, poi i genitori ci separarono, non ricordo bene il suo viso, ma la voce… ohh quella la riconoscerei ancora, tra mille. 

Voci di medici, di pazienti che per periodi più o meno lunghi, sono stati compagni di vita. Ricordo la voce di Simone, un medico specializzando che dal corridoio accennava una canzone, ci avvisava che il reparto era libero da medici vari e dalla stanza partiva immediatamente un coro quasi da stadio cantando a squarciagola per far sapere che sì, c’eravamo, eravamo vive! E le voci dello stadio di Rugby, a tifare la sorella o gli amici più cari, dove cori e sfottò fanno da cornice a due squadre che combattono per un pallone ovale da far passare fra due pali infiniti che salgono al cielo e quelle voci poi si fondono in un abbraccio unico di grande amore per uno sport e poi la voce di M. Rita, che ha mille note, che mi sa calmare e rassicurare e sostenere, lei che sa far sorridere la sua voce, anche quando dovrebbe tirare giù il cielo e invece sa far danzare anche l’incazzatura.

Voci che gridano, voci che cantano, voci che calmano, quante voci impresse nella memoria, ricordi di luoghi, persone e momenti, tutte emozioni vissute che come gemme preziose proteggo, nel mio cuore. Voci che si raccontano e mi raccontano. C’è sempre posto per una voce in più, la tua!

“Dovremmo farcela più spesso una birra insieme, seduti al tavolino del bar, e scavare tra i ricordi. È stata una bella chiacchierata. A presto.”

@immaginoleggero e @NanaBamic

( www.bamic586.wordpress.com )

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