Bea era arrivata! Dopo 7 ore di viaggio in macchina poteva finalmente farsi una doccia perchè faceva caldo e aveva l’aria condizionata rotta, aveva guidato con i finestrini abbassati per tutto il tempo ma non era bastato. Si recò alla reception con il trolley e attese che la coppia davanti a lei terminasse la registrazione. Quando arrivò il suo turno, porse i documenti e la carta di credito, la sua registrazione fu abbastanza veloce e, quando ricevette la sua chiave, rifiutò di farsi portare la valigia in camera da un addetto e prese l’ascensore. La prima cosa che fece quando aprì la porta della sua stanza fu togliersi le scarpe e lanciarle sul pavimento, si tuffò sul letto e iniziò a sentire la tensione sciogliersi poco a poco. Meritava la sua vacanza dopo 1 anno di duro lavoro, una vacanza da sola al mare era l’ideale per riprendersi dalle fatiche, perciò aveva rifiutato la proposta delle sue amiche che avevano invece affittato una casa in montagna. Si alzò controvoglia ma l’idea della doccia la mise di buonumore, si sentiva sudata e sporca. Un’ora dopo era pronta per andare a cenare al ristorante dell’albergo, un vestitino color panna e un paio di infradito con perline blu valorizzavano la sua figura, orecchini e bracciale dello stesso colore degli infradito valorizzarono la sua figura e fu molto soddisfatta quando vide la sua immagine riflessa nello specchio. Il tavolo che le era stato assegnato affacciava sulla spiaggia. Un tavolo a poca distanza dal suo era vuoto ma dopo 5 minuti fu occupato da un ragazzo moro che parlava al tel. Bea non riusciva a capire cosa stesse dicendo ma dal tono alto, le sembrava stesse discutendo. Si concentrò sul piatto che il cameriere le aveva portato e iniziò ad immaginare la sua prima giornata di mare. Mentre gustava la sua cena si sentì osservata, alzò la testa e incrocio’ lo sguardo del ragazzo moro che all’ improvviso alzò il bicchiere accennando ad un brindisi e le sorrise. Bea arrossì perché non si aspettava una simile gesto e abbassò subito la testa, finì la cena senza più guardarlo e si rifugiò in camera da letto.
Il giorno dopo Bea si preparò per il mare e, dopo aver fatto colazione, si recò in spiaggia. Seduta sulla sdraio guardava il mare e i bimbi che giocavano sulla spiaggia, sulla battigia tre bambini stavano costruendo un castello. Il piu piccolo guardava spaventato l’arrivo delle onde perché temeva che spazzassero via quel capolavoro, Bea sorrise. “Buongiorno”, sentì dirsi dal ragazzo che prese posto sotto l’ ombrellone accanto al suo. Si girò e rimase di stucco quando lo riconobbe: era il bel moro dell’hotel che la sera prima le aveva dedicato un brindisi. “Buongiorno” rispose per educazione e subito prese un giornale per distrarsi. Ogni tanto gli lanciava degli sguardi di nascosto, lo vide sdraiarsi comodamente sul lettino, mettersi le cuffie e canticchiare a voce bassa. All’improvviso, lui si girò a guardarla e i loro sguardi si incrociarono. Lei arrossì di vergogna, lui le sorrise, lei lo ricambiò. Le urla provenienti dalla battigia catturarono la loro attenzione, il castello era stato distrutto e l’onda era stata cosi forte da portarsi via il bimbo piu piccolo, la madre urlava disperata. Il bagnino non era in postazione, subito il ragazzo moro corse in acqua e si buttò , riemerse poco dopo con il bambino che si gettò tra le braccia della mamma. Il suo salvatore gli accarezzo ’ la testa e tornò al suo ombrellone. “I miei corsi di nuoto sono serviti a qualcosa” le disse mettendosi un asciugamano intorno alla vita. “Per fortuna c’eri tu, il bagnino è appena tornato in postazione”, disse Bea indicando un gruppo di bagnanti che lo aveva circondato per rimproverarlo della sua assenza. “Mi presento, mi chiamo Nico”, le disse allungando una mano. “Io Bea”, gli rispose allungando la sua. Iniziarono una conversazione molto piacevole, mangiarono una pizza sotto l’ombrellone come due vecchi amici. Anche Nico era da solo in vacanza, tra tre giorni lo avrebbe raggiunto sua sorella con la sua famiglia, aveva due nipotini. “Usciamo”? le chiese all’improvviso. “Certo” gli rispose cosi prontamente che arrossì.
Tornarono in hotel al tramonto, all’ascensore c’era una persona che aspettava, a Bea sembrò che Nico si irrigidisse ma lo vide così naturale che pensò di essersi sbagliata. Era troppo felice per soffermarsi su una sua impressione.
Avevano trascorso una bella serata insieme, si erano divertiti tanto. Nico era un avvocato come lei, quindi avevano tanti interessi in comune. Andò a dormire felice come una bambina al ritorno dal parco giochi attendendo con trepidazione gli eventi del giorno dopo. Presa da questa nuova amicizia, non si era accorta di quell’ uomo che la spiava da quando era arrivata all’ hotel studiando ogni suo singolo movimento e diventando la sua ombra. Anche in quel momento fissava la stanza di Bea dalla strada, era stato un gioco da ragazzi farle assegnare quella camera, così era più facile da controllare perchè il suo balcone affacciava sulla strada, attese che spegnesse la luce e prese il cellulare, compose il numero, dall’altra parte una voce rispose: “Pronto”? “ Si può sapere cosa stai aspettando” ? lo aggredì non appena rispose. L’altro si irrigidì subito: “Non darmi ordini, lo sai che non lo sopporto”! “I piani non erano questi o devo dire al capo che non hai combinato nulla di quello che ti era stato ordinato”? “Invece non era quello il momento giusto, quando avrei dovuto agire secondo te? In mezzo alla folla o a cena o sulla spiaggia?” “Non mi importa come intendi procedere, l’importante che per domani sia tutto finito”. “ Si, domani mattina se viene presto in spiaggia, procedo. Puoi dire al capo che è tutto sotto controllo riagganciò pensieroso e prima di andare a dormire controllò la sua beretta, la accarezzò con i polpastrelli e chiuse il cassetto.
Bea si era appena svegliata, decise di andare al mare subito e di aspettare Nico in spiaggia, non voleva sembrare appiccicosa come una scolaretta alla prima cotta, per questo aveva deciso di non fare colazione in hotel ma direttamente al bar del lido. Indossò un nuovo costume e un nuovo pareo, girò su se stessa davanti allo specchio, soddisfatta della sua figura e lasciò la stanza.
Nico stava aspettando Bea per la colazione, quando non la vide arrivare chiese di lei al cameriere che gli disse: “ Non l’ ho ancora vista stamattina, puoi chiamare la stanza dalla reception, io ho appena iniziato il turno”. Nico lo ringraziò e seguì il suo consiglio, il telefono della stanza squillò a vuoto. Decise di salire di persona, la porta era aperta, Nico ebbe un fremito si avvicinò lentamente e guardò dentro, c’era solo la cameriera che stava rifacendo il letto, tutto normale, neanche si era accorta della sua presenza. Gli baleno’ in mente l’idea che forse era andata in spiaggia da sola, iniziò a sudare e corse al lido. Era ancora deserta la spiaggia, Nico subito guardò l’ombrellone di Bea, la vide seduta sulla sdraio, con il libro che stava leggendo ieri aperto sulle cosce ma era immobile. Scese di corsa gli scalini che separavano il lido dalla spiaggia e la chiamò “Bea Bea”. Mentre si avvicinava vide qualcosa che da lontano non era riuscito a scorgere : il libro aperto sulle gambe era piano di gocce di sangue, la testa piegata di lato e sul viso un cappello che lasciava solo intravedere una scia di sangue che dal naso colava sul collo fino all’ ombellico. Non ebbe il coraggio di guardare altro e si inginocchiò disperato sulla sabbia con la testa tra le mani.
“Cosa succede”? chiese una voce alle sue spalle. Nico riconobbe la voce e si girò subito. Bea era lì, di fronte a lui, aveva metà brioche in mano e la stava mangiando. Nico guardava lei e poi la ragazza sulla sdraio. Insospettita da quell ’ atteggiamento strano fissò la ragazza sulla sdraio e urlò, la brioche le cadde e fece per soccorrerla ma lui la bloccò. Le cinse la vita, “ ferma, non muoverti, è morta”. Bea singhiozzava e tremava per la paura, Nico le fece girare la testa per non farla soffermare sul cadavere. Intanto la spiaggia iniziava a riempirsi anche perché le persone erano state attratta dal loro comportamento e dalle urla. “Oh mio Dio, questa e Claire, cosa le è successo”? “La conosce”? le chiese Nico mentre accarezzava la schiena di Bea per calmare il tremolio. “Si”, disse la signora visibilmente scossa, “una ragazza molto a modo che veniva qui ogni estate, amava venire in spiaggia la mattina presto”. Nico era scosso anche se non dava a vederlo, portò Bea al bar del lido dove la costrinse a bere un bicchiere d’acqua per riprendersi ma il bicchiere le tremava nella mano cosi tanto che parte dell’acqua era fuoriuscita. “Cerca di stare calma”. “Come posso stare calma”? urlo Bea, “ vado in spiaggia e trovo una donna morta ammazzato sotto il mio ombrellone, il libro che ieri ho dimenticato è macchiato del sangue di quella donna e mi dici di stare calma?” urlò sull’orlo di una crisi di nervi. “Eppure è sempre stato un lido tranquillo il nostro”, si intromise il barista preoccupato forse più per le conseguenze negative sulla sua attività che per quella sventurata ragazza.
Alcune persone erano tornate dalle spiaggia e stavano raccontando dei particolari. La ragazza era stata colpita con un colpo di pistola alla testa, stava leggendo un libro, chi l’aveva aggredita le aveva rubato la borsa contenente pochi spiccioli ed era scappato. Nessuno ha visto o sentito.
Claire si era recata in spiaggia come ogni mattina, non aveva un suo ombrellone ma si sedeva dove voleva per un paio d’ore, non dava alcun tipo di fastidio perché la spiaggia a quell’ora è ancora deserta. “Vieni”, le disse Nico, “ti porto in hotel”. Bea si alzò come un automa e lo seguì senza ribattere né fare domande. Nico l’accompagno in camera e la sistemò sul letto, le abbassò la tapparella per oscurare la stanza affinché potesse riposare. Alla finestra guardò fuori e ciò che vide lo disturbò non poco. Un uomo che fumava guardava fisso la finestra della stanza di Bea. Subito si scostò ma si sentì agitato. Si sedette sulla poltrona e attese che Bea si addormentasse.
Bea si muoveva continuamente , non riusciva a riposare tranquilla, era visibilmente scossa. Nico si alzò e le accarezzo’ la testa, le baciò la guancia e la vide fragile ed indifesa. Povera, era venuta per rilassarsi e riprendersi dalla vita frenetica, invece ora doveva affrontare quest’altra situazione spiacevole. La guardò per un’ultima volta e lasciò la sua stanza, doveva riflettere.
Era seduto sul balcone della sua stanza quando qualcuno bussò alla porta. Si alzò per aprire e lo vide. “Sei tu”, gli disse con voce neutra dandogli le spalle. “Si sono io, e vorrei sapere cosa stai combinando. È ancora viva e per noi le cose si stanno mettendo male”. Nico continuò a dargli le spalle senza scomporsi. “Se stamattina non avessi sbagliato bersaglio a quest’ora il problema sarebbe risolto” . Nel sentire quelle parole Nico reagì in malo modo, si lanciò di scatto su di lui e gli assesto un pugno sulla guancia prendendolo di sorpresa e lasciandolo tramortito. Vide il sangue colare dal naso e dall’angolo della bocca. Sputò il sangue e gli disse: “Cosa cavolo fai”? Istintivamente tirò fuori una pistola e gliela puntò sulla fronte pieno di rabbia. “Spara”, lo sfidò Nico, avvicinandosi minaccioso. “Non sfidarmi, potrei ucciderti in questo momento”. “La verità è che sei solo una mezza tacca, il killer professionista sono io, perciò l’incarico è stato dato a me. Tu devi solo sorvegliare perché non sai fare altro”, Nico vide la mano che impugnava la pistola tremare. “Ti sarebbe piaciuto dire al capo che l’avevi uccisa tu, invece hai creato solo un gran casino colpendo la persona sbagliata e ora, vorresti peggiorare la situazione uccidendo anche me?” L’altro abbassò la pistola ma i suoi occhi di rabbia, all’improvviso diventò calmo e disse entro stasera deve essere tutto compiuto. Nico si era appena girato di spalle quando uno sparo squarciò l’aria della stanza.
Bea si era svegliata ma era sempre molto agitata. Vide un’ombra accanto a lei sul letto e si alzò spaventata. C’era un uomo che non conosceva sul suo letto sembrava dormisse, si portò una mano alla bocca per non urlare. Si avvicinò, gli vide un buco sulla fronte, il sangue capì che era un altro cadavere. Non avendo più la forza di urlare si inginocchiò rannicchiandosi in un angolo della stanza e pianse abbracciandosi le ginocchia. Aveva tanta paura, era immobile, non riusciva a muoversi, aveva paura perfino di respirare. Un rumore le fece alzare subito la testa sgranando gli occhi, iniziò a tremare tutta, c’era un uomo nella stanza, vedeva un ombra accanto alla sua finestra ma le tapparelle abbassate le impedivano di vedere i contorni distinti. Bea sentì la testa girare vorticosamente e poi più nulla.
Sentiva delle voci ma non riusciva a distinguerle, una le sembrava conosciuta ma non ne era sicura. Discutevano ma non capiva di cosa. “Il caso Stocford”, “ medicine” erano alcune parole che aveva udito e le suonavano familiari. Cercò di riprendersi, doveva innanzitutto capire dov’era. Era tutto buio, ma tastando ciò che aveva vicino capì di essere in un bagno. Si concentrò per distinguere le parole: “Lascia fare a me, sono un killer professionista, l’ ho agganciata e si fida, la coglierò di sorpresa e la ucciderò”, disse una voce che riconobbe essere di Nico. La voglia di urlare fu forte ma si trattenne. Voleva ucciderla per il suo lavoro stava seguendo una pista sul caso Stacford riguardante delle medicine scadute e riutilizzate sotto altra forma, non ne aveva le prova ma stava interrogando delle persone perché avevano parenti deceduti a seguito dell’acquisizione in farmacia di prodotti galenici “La Stacford farmacy” leader nella preparazione di questi prodotti.
Quello che stava accadendo in quel momento era la prova che stava lavorando bene ma non voleva morire, era troppo giovane.
Era cosi assorta nei suoi pensieri che non si accorse che nessuno più parlava. Si concentrò ma sembrava proprio che non ci fosse nessuno. Era indecisa sul da farsi, stava per toccare la maniglia del bagno quando la porta si aprì e vide Nico di fronte a lei. Lo guardo terrorizzato e indietreggiò . “ Come stai”? le chiese preoccupato. Bea non sapeva se fingere di non sapere nulla o rinfacciargli quello che aveva scoperto. La rabbia prevalse:” Come sto, hai il coraggio di chiedermelo dopo che hai appena promesso che mi avresti ucciso”? Gettò uno sguardo dietro di lui e vide si nuovo il cadavere sul letto. C’era un po’ più di luce nella stanza, riconobbe l’uomo che aveva incontrato appena arrivata in hotel. “Chi è “, chiese a Nico. “Un mio complice”, rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo avere un cadavere in camera”.
“Il suo compito era quello di sorvegliarti, il mio di ucciderti, era tutto programmato” disse freddamente, “il tavolo vicino al tuo, l’ombrello vicino al tuo, le camere confinanti, la tua stanza con balcone sulla strada, basta dare una lauta mancia e i desideri vengono esauditi”. “Chi l’ ha ucciso? “ chiese Bea guardando il cadavere. Bea sentì un forte senso di nausea e un conato di vomito sopraggiunse. Nico le fu vicino in un baleno ma lei lo cacciò in malo modo:” Non toccarmi, lasciami “. Lui si avvicinò alla sua beretta e la prese. Bea sentì le gambe diventare molli, accadde tutti in un secondo, Nico puntò l’arma e sparò.
Sentì in lontananza le sirene della polizia, Bea era immobile, spaventata. All’improvviso la porta si aprì, entrarono i poliziotti e paramedici: “Signora siamo qui, è tutto finito”, la distesero sulla lettiga e Bea li lasciò fare. In ospedale le fecero gli esami ma il suo era solo un male psicologico, non fisico. Era stata anche già dimessa. Entro un poliziotto per chiederle come si sentisse. “Io sto bene, cosa è successo?” “Il suo amico ha contattato la centrale e ci ha detto cosa è successo, cosa avrebbe dovuto fare e chi gliel’aveva ordinato. Non ne ha avuto il coraggio e a preferito morire piuttosto che ammettere la sconfitta”.
Bea, rimasta da sola, decise di riprendersi, era un avvocato e nessuno l’avrebbe scoraggiata. Non sarebbe tornata in hotel, né al lavoro, sono le sue ferie e le avrebbe fatte a qualsiasi costo. Prese il cellulare e chiamò i suoi amici per avvertirli del suo arrivo in montagna previsto per quella sera stessa.
The end
Giovanna Viola alias @GViola16
Immagine presa dal web