Era l’ alba quando iniziarono a ricomporsi, anche se ancora brilli per la serata appena trascorsa.
Antony propose un caffè per riprendersi e tutti furono d’accordo. Dopo circa 3 minuti, il vassoio con 6 tazzine era sul tavolo, ognuno prese la sua ma ne rimase 1.
“ Chi manca? “ chiese Antony guardandosi intorno .
“Manca Osvaldo”, disse Omar, “forse è andato via”.
“Bell’ amico, ci lascia qui e va via senza nemmeno salutarci”, intervenne Alexander facendo finta di essere offeso.
“Forse lo ha fatto e non l’abbiamo sentito”, ipotizzò Luigi scoppiando a ridere, tutti lo imitarono.
“Vado a lavarmi la faccia, altrimenti mi sento intontio”, disse Luigi appena dopo il caffè e si avviò verso il bagno situato in fondo al corridoio.
Un urlo li colse di sorpresa e li richiamò alla realtà, tutti accorsero. Luigi era seduto sul pavimento, la testa china sulle ginocchie, tremava e faceva respiri profondi. Un corpo era nella vasca da bagno coperto dalla tenda di plastica della doccia. La scia di sangue presente nella stanza lasciava ipotizzare che la vittima era stata colpita davanti al lavandino e poi trascinata nella vasca, il sangue era schizzato anche sulle mattonelle. Antony si avvicinò alla vasca con lo sguardo fisso sulla sagoma camminando lentamente, e trattenendo il respiro. Spostò il telo senza distogliere lo sguardo, apparve Osvaldo, era nudo e con la gola tagliata, un taglio netto, anche lui aveva gli occhi aperti.
Tutti guardavano in direzione della vasca, increduli, senza proferire parola, in stato di shoc.
La festa si era trasformata in un incubo, un altro amico morto, un’altra vita spezzata.
Nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo dopo.
Erano giorni che non riusciva a dormire, ce l’ aveva quasi fatta se non fosse stato per Osvaldo che aveva scoperto il suo piano. Era stato costretto ad uccidere anche lui quella sera ma l’omicidio era soltanto rimandato, quindi prima o poi ce l’ avrebbe fatta, la sua vendetta avrebbe prevalso, avrebbe vinto.
Da quella sera aveva sentito solo telefonicamente i suoi amici, il trambusto dopo la scoperta del cadavere aveva impegnato le vite di ognuno di loro. Doveva chiamare Antony e fissargli un nuovo appuntamento a casa sua, non avrebbe lasciato tracce, sarebbe stato attento come in precedenza. Un sorriso si impossessò della sua bocca quando ricordo’ lo stupore sul volto dei suoi amici, l’ espressione di chi non se lo aspettava, la paura nei loro occhi quando avevano capito che stavano per morire. Poi scoppiò a ridere, a ridere a crepapelle, con Antony il cerchio si sarebbe chiuso finalmente. Soddisfatto e sicuro di sé, diventò serio e prese il telefono.
Antony gli aveva dato appuntamento quella sera stessa ma gli aveva già anticipato che non erano soli ma per lui nessun problema anzi, avrebbe avuto più tempo per ragionare e studiare quando e come attaccare la preda, altrimenti l’odio profondo lo avrebbe spinto subito a mettergli le mani al collo. Respiro’ profondamente, le mani gli sudavano per l’agitazione e le muoveva continuamente, decise di uscire e fare una passeggiata, così avrebbe scaricato un po’ di tensione, l’aria fresca l’avrebbe reso più lucido e poi si sarebbe recato direttamente da Antony per finire l’opera. Prese le chiavi ed uscì.
Antony aveva messo le birre in frigo per i suoi amici, Alexander e Luigi sarebbe arrivati a breve. Ancora non avevano visto la sua nuova casa, si era trasferito dopo la morte di Osvaldo, il suo vecchio appartamento era stato messo sotto sequestro. Non riusciva e non poteva vivere dove era stato ucciso il suo amico e tremo’ al pensiero che, chi era entrato dalla porta d’ingresso poi lasciata aperta, avrebbe potuto uccidere anche lui e gli altri amici. Era contento di rivedere gli amici, gli avrebbero dato un pò di conforto.
Trascorsero un paio d’ore, dopo aver mangiato un panino e bevuto una birra, Alexander decise di salutarli perché Luigi era strano ed Antony di poche parole ma con suo stupore Luigi si alzò dicendo che sarebbe andato via pure lui, i due ragazzi salutarono l’amico e si avviarono. Dopo 30 minuti, suonarono al citofono: “Sono io, ho dimenticato le chiavi”.
Antony aprì la porta inconsapevole che stava aprendo al suo assassino.
“Ecco le chiavi” , gli disse porgendogli il mazzo che aveva raccolto dal pavimento.
Lui non si mosse, in piedi in mezzo al soggiorno, gambe divaricate mani dietro la schiena, sguardo gelido.
Antony sussultò ed ebbe un tremolio, gli avvicino ancora di piu le chiavi.
Lui con un gesto d’ira gli colpì la mano e le chiavi caddero di nuovo facendo rumore. Notò gli spessi guanti neri che coprivano le sue mani, guanti che quando lo aveva visto prima, non aveva.
“Cosa ti prende Alexander”? chiese Antony mentre iniziava a farsi strada nella sua mente un pensiero inquietante.
“Con te chiudo il cerchio ma non preoccuparti, non ti farò del male mi basta la paura che vedo nei tuo occhi, la stessa paura che ho visto in quelli degli altri”.
Antony immobile chiese solo: ” Perché “?
Alexander chiuse gli occhi per far emergere i ricordi: ” Ora mi chiedi il perché, la stessa domanda che facevo io quando ero oggetto di bullismo a scuola, tu Mattew e Brad eravate i principali bulli, seguiti a ruota da tutti gli altri. Quante volte vi ho chiesto ‘perché’? Osvaldo invece aveva scoperto i guanti nel cappotto, mi è dispiaciuto ma sono stato costretto, non potevo commettere errori”.
Antony sentì le ginocchia molli e si lasciò cadere sul divano. “Eravamo amici Alexander, durante tutti questi anni..”
Alexander non gli lasciò finire la frase: “Durante tutte questi anni io non ho mai dimenticato!” urlò con rabbia. Antony lo vide prendere un coltello dall’interno del cappotto perciò chiuse gli occhi. “Stai per morire” , urlò gettandosi su di lui.
Due colpi di pistola squarciarono l’aria in quella stanza.
Antony aprì gli occhi piano, davanti a sé aveva Alexander disteso sul tappeto, la macchia di sangue che si allargava sulla sua camicia, gli agenti della polizia dietro in soggiorno, troppo frastornato si lasciò andare ad un pianto liberatorio.
Era andato al cimitero per portare un fiore ai suoi amici: Brad, Mattew, Osvaldo, Alexander. Si anche ad Alexander, perché anche lui era stata una vittima, vittima di un bullismo che era stato allo stesso tempo causa/effetto di quelle disgrazie. Alexander pensava di essere furbo ma la polizia era sulle sue tracce, cercava solo di incastarlo. In casa di Brad e Mattew era entrato forzando la serratura, stessa cosa aveva fatto per simulare lo scasso da Antony quando aveva ucciso Osvaldo. Nella casa nuova invece la porta era blindata, aveva dovuto trovare una scusa per entrare in casa.
Si ingonocchio’ sulla tomba e disse all’amico: “scusa, se non abbiamo capito le tue sofferenze”, poi si allontanò in silenzio.
The end
Giovanna Viola @GViola16
Immagine presa dal web