La chiazza si estendeva da sotto il busto fin sopra la testa e ben oltre la larghezza del corpo. La parte sinistra del bacino era leggermente sollevata dall’impiantito. Le gambe disegnavano due ampi angoli così vicini ai centottanta gradi che erano quasi parallele tra loro. Il braccio destro era teso verso la scaffalatura, l’altro a novanta gradi rispetto al corpo e con la mano chiusa a pugno. La testa rivolta a destra e gli occhi ancora aperti sembravano guardarsi intorno.
Il Conte chiese al Maresciallo di potersi avvicinare al corpo del nipote. Non attese che arrivasse il permesso che già si era accovacciato di fronte al viso del giovane. Vide la profonda ferita sull’osso frontale, dove il sangue si era raggrumato, segno che la morte era a far danni altrove.
Il Maresciallo invitò il fattore a raccontargli i particolari del ritrovamento.
Il Conte aggirò il corpo, attento a non entrare nel piccolo lago rosso né a calpestare i frammenti della bottiglia sparsi in giro. Non riconobbe la franchezza del suo vino che normalmente metteva in risalto aromi primari, forse perché mescolato con l’odore della morte.
Ognuno dei presenti, ciascuno a proprio modo, sapeva che il vino lo aveva ucciso.
Il fattore dichiarò con tono beffardo: “Voleva sicuramente festeggiare con gli amici prendendo qualche bottiglia di Gran Riserva.”
Il Conte si rialzò in piedi facendo rimbombare tra le volte di mattoni la sua irritazione.
“Maresciallo, non gli creda. Lui non poteva soffrire mio nipote. Da cento anni a questa parte non si sono mai verificate mancanze di qualsiasi genere nelle nostre proprietà!”
Il militare prese il fattore per un braccio reclamandone l’attenzione.
Il Conte si accucciò di nuovo e piegò la testa parallelamente a quella del nipote, come a voler cogliere l’ultima espressione.
“Un buon bicchiere al Maresciallo! Ne vuole, capo?”, disse il fattore incamminandosi verso il tavolino riservato alle degustazioni.
“Non c’è nulla da festeggiare”, gli rimandò stizzito il padrone.
Il fattore tornò con un grand ballon e porgendolo al militare disse: “Questo è puro nettare divino. Se lo goda goccia per goccia. Se quel disgraziato non fosse finito così non ne avremmo bevuto più di questa portata”, disse piano per non farsi udire dal Conte.
“Allora? Falla finita per favore! Sicuramente aveva dei problemi anche seri e tra questi l’alcool. Però non ne puoi parlare così!”, replicò il padrone, al quale, pur anziano, non difettava un buon udito. “Maresciallo, mi sembra chiaro. E’ salito sullo sgabello per prendere una bottiglia di Gran Riserva. E’ caduto e ha battuto la testa; – precisò, come se avesse assistito alla scena – credo che la passione per il buon vino lo abbia tradito!”
Davanti ai loro occhi una goccia cadde in terra. Il Conte cercò di indovinarne la provenienza; notò alcune bottiglie di Gran Riserva che avevano una riga liquida bagnarne l’etichetta ed arrivare fin sul legno della rastrelliera.
Il Maresciallo si avvicinò al corpo e delicatamente aprì la mano sinistra del giovane. Come se già sapesse. Estrasse un bottone al quale erano attaccati alcuni fili.
“Ha ragione Conte, il vino l’ha tradito”, disse il militare girandosi verso il fattore.
Appena in tempo per notare il gesto di Alvino Cannato, per tutti “il Vino”, un gesto rapido ma non sufficiente a nascondere l’asola vuota della camicia.
by Sthepezz
@Conte27513375