“Dai diamanti non nasce niente.
Dal letame nascono i fiori.”
Cantava così Fabrizio De André in una sua splendida canzone.
Come a voler dire che prima di avere il bello delle cose si debba necessariamente attraversare quella parte che ti fa scendere giù fino alla porta dell’inferno.
Perché prima dobbiamo toccare il fondo altrimenti risalire è impossibile.
Perché siamo caparbi, testardi, ci impuntiamo su ciò che ci manca o che non potremo mai avere. Perché prima di vedere quanto di bello e meraviglioso abbiamo a portata di mano vogliamo andare a cercare l’impossibile.
Siamo capaci di farci male e di farne agli altri. Sia fisicamente che emotivamente.
Vogliamo il diamante sempre e comunque a causa del nostro egoismo e ce ne sbattiamo dei consigli di amici e persone che tengono a noi, che vedono quanto dolore ci procuriamo pur di arrivare a quella meta. Proprio non lo capiamo. Al momento no, non lo capiamo e soprattutto non vogliamo capirlo.
Poi arriviamo a sfiorare il diamante, magari lo tocchiamo con mano, lo possediamo.
E quando la sensazione di benessere sparisce torniamo a cercare altro. Ma non vediamo mai quel piccolissimo fiorellino che se ne sta lì, in disparte, che è già nostro, da sempre.
Resiste e aspetta, cresce. Ma sempre in disparte. Finché arriva un momento che siamo saturi del brutto delle cose di cui ci siamo circondati, arriva la mazzata che ci fa capire che così non si può andare avanti, che abbiamo il disperato bisogno di guardarci intorno per cercare una via di uscita, un qualsiasi appiglio pur di risalire dal baratro. Ed ecco che lo vediamo quel fiore nato quasi per caso che è lì da sempre ad aspettarci. Sappiamo che non è un ripiego, per qualche oscuro motivo capiamo al volo che “io e quel fiore ci salveremo a vicenda”.
Ed ha inizio una nuova vita.
@2FIRSTLINE
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