Di sushi, telepatia e maionese

Cucinare è bello, ma certi piatti che non sappiamo / non abbiamo voglia di preparare a casa preferiamo mangiarli al ristorante. Ne è un esempio il sushi, anche se a breve vedremo come non sia difficile farlo a casa.

L’offerta di sushi, oggi, si è decuplicata, molti locali ce ne lasciano mangiare fino all’arresto cardiaco anche con soli 10,00 € (incluso il contributo per il trasporto in caso di decesso). A volte ci vado, vergognandomi quando mi portano via la terza pila da 15 piatti. Ma quando entro in questi locali mi faccio il segno della croce: lo so che per ogni “me” che si ingozza come un porco (o, in questo caso, “polco”) ce ne sono dieci che prendono due uramaki e via (ma allora cosa vanno a fare in un ristorante “tutto a volontà”?) ed è vero che il sushi contiene più riso che pesce, ma questo, se buono, costa. Ci stiamo in 10,00 €?

Molti disapprovano che i ristoranti giapponesi siano spesso gestiti da cinesi, ignorando che il sushi nella forma attuale è un piatto giapponese ma, formalmente, nasce in Cina secoli fa. A me, sinceramente, preoccupa di più il fatto che i camerieri ti leggano nel pensiero. Non ci credete? Non fate in tempo a finire di dire il nome di un piatto che lo hanno già scritto. Più ordiniamo e più vanno veloci. Per il dolce dicono “Sì!” alla seconda sillaba che pronunciate. O ti prendono per il culo o anticipano le tue parole. E deve essere la seconda, perché ti portano proprio i piatti che volevi.

Capirsi, però, non è sempre facile. Tempo fa, ordinando al telefono piatti da asporto, ho chiesto spiegazioni su degli asterischi: solitamente indicano alimenti che possono essere surgelati, ma non era ben chiaro (N.B. il pesce da sushi deve essere congelato per legge).

Tra “Quello è nome di piatto“, “Sì, vuole uno o due?” e vari “Sì sì” non riuscivo ad avere una spiegazione. Fino ad arrivare al: “Io no palare italiano. Paso alta pesona“.

Domanda: se non parli italiano, perché cacchio rispondi al telefono? Vedi che Godzilla ha ragione se ti distrugge la città?

Poi ti passano un cameriere di prima generazione, che parla come un bagnino di Rimini. Neanche lui ha la soluzione, si gioca la risposta coi colleghi a morra cinese (tradendo, quindi, le proprie origini) e tu resti col dubbio. Ad oggi, infatti, ancora ignoro il significato di quel benedetto asterisco.

L’altra cosa che mi spiace è che adattino le ricette ai nostri gusti. O credete che in Giappone si peschi il salmone e che a Tokyo mangino abitualmente panini con il Philadelphia? Magari nel mondo ci sono trattorie italiane che usano la pasta Panzani… però… nun se fa così!

Una volta chiesi informazioni su un piatto: il cuoco in persona mi spiegò la ricetta: usava la maionese. Mi immaginai i maestri di sushi… da bambini… nelle loro scuole… puniti corporalmente per aver fatto impazzire la maionese. Che, si sa, in Giappone è sacra come il cinghiale in Maremma.

Lello (@lellskitchen)

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